tag:blogger.com,1999:blog-85424241280114762072023-11-15T15:58:56.327+01:00tvsintegroESPRIMO ORRORE DIRETTAMENTE PROPORZIONALE A QUELLO PERCEPITO INTORNO AGLI SPOT TELEVISIVItvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.comBlogger200125tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-55725427136187959022012-06-09T14:11:00.000+02:002012-06-09T14:15:14.540+02:00AutodistopiaComunicazione di servizio, per chi cercasse qui notizie del progetto. Siamo fermi da un po', per una serie di motivi ininfluenti. Uno dei pochi buoni motivi è che il concept va rinnovato. Aldilà della convergenza e del rimodellamento delle fruizioni, è la pervasività dei format a rendere il concetto di "tv" altamente (ed erroneamente) discriminante. Effettuare una critica al marketing, già adesso, coincide con una dichiarazione di guerra interpersonale, specifica, individuale, indiscriminata. La dissoluzione dei non-prodotti richiederà, in qualsiasi scenario di ripresa di questo progetto, la reinvenzione di una tassonomia, il meno obsolescente possibile. <br />
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Se ci si domanda dove i formati siano rinvenibili, la risposta è (ed è sempre stata): ovunque. <br />
Se ci si domanda quali di questi formati sia più economico decostruire, la risposta è: nessuno. <br />
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La mimesi dei formati rende ogni critica, anche la più blanda, una lotta fratricida. <br />
Il consenso è veleno. L'esistenza è un distinguo. L'anonimia è solo un'anteprima in bassa risoluzione.<br />
Se e quando il progetto ripartirà, non ci saranno più identità al riparo.<br />
Nel frattempo, travalicate l'autofagocitazione, e sarete idealmente in linea con quanto già fatto.<br />
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tvsintegro@gmail.comtvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-39562471083438112912010-04-21T09:50:00.004+02:002010-04-21T11:43:12.024+02:00Scato-logica<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/-c6TFybjk0w&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/-c6TFybjk0w&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p><br />EDIT: mala tempora currunt, sto escogitando qualcosa per il video, portate pazienza.<br /><br />Impossibile non citare la dichiarazione di Vladimir Putin a ridosso della strage di Beslan del 2004: "Inseguiremo i terroristi fin dentro il gabinetto"; ecco realizzata quest'incredibile ed enfatica profezia, seppur rivolta a obiettivi diversi e solo apparentemente più meritevoli di questa sorte, anzi, inevitabilmente implicati in quanti veri e proprio terroristi batteriologici della nostra seduta. La grafica tridimensionale sdrammatizzante ci introduce nel sanitario e nei panni sporchi della coscienza imprecisa degli sceneggiatori: mentre un tempo il batterio viveva di dignità scientifica, godendo di una rappresentazione stilizzata che lo vedeva puntino in movimento o grafismo pluricellulare, ora è diventato un raccapricciante umanoide installato in vere e proprie abitazioni, come lo speaker istituzionale non manca di sottolineare, con una certa apprensione, su un overdub dissonante. Quale sia la colpa di questi esseri viventi non ci è dato sapere. Emanano un cattivo odore? Rischiano di trasmetterci malattie incurabili? O forse, semplicemente, hanno la colpa di esistere? Probabilmente il soggetto, già di per sé compresso nell'infantilismo più deteriore, non permetteva questo ulteriore approfondimento. Sarebbe scorretto definirli parassiti, quei piccoli Shrek tetradattili, dato che sembrano farsi efficacemente i fatti propri nascosti agli occhi di tutti, forse per assurgere, in un futuro remoto, a un piano di esistenza migliore consacrato dall'evoluzione o dal ciclo delle reincarnazioni regolate dal Karma. L'arrivo del nuovo è a becco ricurvo e abbattendo il campo batterico produce un suono scricchiolante che dà una certa soddisfazione: scalzato dal proprio artefatto arredativo costituito di calcare, il batterio traduce l'efficacia acida del liquido igienizzante in movenze ed espressioni facciali terrorizzate, oltre che con sommessi mugolii d'orrore. Brutti, sporchi e cattivi, gli intrusi si producono in una diaspora disperata trasportando con loro all'inferno un corredo di oggettistica inquietantemente umanoide, nel quale spicca il tipico fagotto da viandante, contenente, forse, una provvista di materiale proveniente dalle nostre viscere salvaguardato a costo della vita per finalità comprensibili solo al profugo immaginario. È innegabile che simili crimini grafici nei confronti dell'antropomorfia siano stati già prodotti in passato per animaletti addirittura più complessi dei batteri, come nel caso dei prodotti destinati a scacciare o ad uccidere insetti infestanti. È altresì innegabile che questo spot calvalchi l'onda di esaltazione sicuritaria e territoriale della nostra opinione pubblica, con la proiezione grottesca di fobie in auge sulla parete bianca di un cacatoio associabile alla qualità dell'inconscio della fetta di ascoltatori appagati dalla visione di questo cartoon morboso. Antisatirico e violento, il riverberarsi di disperati appelli alla propria identità si vede costretto alle uniche applicazioni possibili nel mondo della pubblicistica, il far piazza pulita, l'identificazione dei mali nelle persone piuttosto che nei fenomeni, la cecità degli abbienti mai paghi del loro benessere ed incapaci di migliorare la qualità dei propri malesseri, costretti per inanità a rinfocolare le angosce primordiali per tutto ciò che è diverso con un compiacimento sadico destinato ad essere condannato dall'economia, se non dalla Storia o dai basilari sentimenti della carità cristiana propagandati dalla nostra ipocrita religione di Stato. </p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-80774026590972049362010-02-20T16:21:00.004+01:002010-02-20T16:34:33.670+01:00Overdrive the change<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/ow9leRh_RFk&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/ow9leRh_RFk&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Il tempo è denaro, e se quello che ci fa risparmiare il comodo utilizzo di mezzi di trasporto individuali figura nel nostro vissuto come una voce in attivo, il soverchiante secondaggio dello spot renault per il 2010 fa pensare ad un vero e proprio esborso economico. Nell'arco di un minuto e mezzo vengono esposte le tesi per cui questo, in particolare, dovrebbe essere il momento giusto per maturare una coscienza ecologica, e dato che in sottofondo procedono accordi di un pianoforte un po' scordato instant nostalgia, il messaggio si tiene cautamente alla larga da uno straccio di dato numerico che possa mettere l'ascoltatore a contatto con la realtà, preferendo una sorta di maieutica del senso di colpa ambientalista che, per ragioni che vedremo, sconfina nella demagogia pura. Il collage audiovisivo, calmo e frenetico al tempo stesso, gioca bambini a ripetizione come briscole, decanta gli innegabili benefici portati dall'economia del petrolio, mette assieme un preambolo surrettizio per cui ricordi personali ed innovazione dovrebbero essere considerati eventi legati a doppio filo. Sul prodotto automobile il potenziale acquirente si gioca, assieme ad un elevato numero di mensilità, il proprio bisogno di riconoscimento sociale, dato completamente slegato dal mondo naturale e dall'innalzamento degli oceani che minaccia di allagare il vialetto antistante al garage nella villetta americana stereotipata. Se si prende per buona la morale ecologista che Renault tenta di spacciarci così tempestivamente, bisognerebbe tributare almeno una standing ovation agli scienziati che enunciavano ipotesi sul global warming già negli anni '70. Se invece questo trend, che vede il nemico pubblico numero uno nel monossido di carbonio, va qualificato come un pretesto per creare nuovi fronti di mercato, usando la leva ideologica di un concetto altamente impalpabile come un cambiamento climatico tanto disastroso quanto posticipato nel tempo, dobbiamo inchinarci di fronte alla geniale creazione di un nuovo, onnipresente e infalsificabile nemico immaginario. Ad una benefica sospensione del giudizio non ci resta che affiancare l'analisi del disinvolto trasformismo dei principali responsabili del presente inganno o del futuro disastro: i grandi poteri economici. Benvenga l'auto elettrica, anche se il prima-durante-e-dopo di Renault resta disperatamente ancorato all'ultimo anello della catena energetica: a poco varrà potersi spostare senza emettere CO2 se per disporre della corrente necessaria questa è stata già emessa in blocco da un termovalorizzatore poco distante. Il revanscismo del nucleare porta con sé altri incubi, se non dell'eventuale contaminazione, certamente impossibile nelle costosissime centrali di nuova concezione, checchè ne dicano bambini deformi che ci parlano da Cernobyl, nella creazione di scorie orribili che saranno ancora pericolose quando i nostri filmati familiari attuali verranno integrati in forma di caro e vecchio ricordo negli spot buonisti di qualche casa automobilistica del futuro. Se pedagogia ambientale dev'essere, che sia di buona qualità, e non un prefabbricato di scarsa portata morale finalizzato a rimpinguare le casse di chi cerca frettolosamente di lavarsi le mani proiettando una manciata di fottute diapositive sulla parete bianca di anime credulone e spiritualmente fallate. Questo pentimento tardivo dell'automobile dovrebbe mostrarsi con un logo formato dai cadaveri di tutte le vittime di incidenti stradali del mondo, per assumere una vaga forma di autocritica. Mentre guardano una foglia svolazzare nell'aria, i piloti contribuiranno attivamente alla destituzione del crash test come banco di prova per la sicurezza, distraendosi e trasformando sé stessi in pupazzi sacrificabili in un esperimento più grande della loro capacità di comprensione. I motivi per cui l'economia del petrolio ha retto non hanno avuto nulla a che fare con principi ecologisti o vagamente morali, e noi, da utenti finali, preferiremmo accettare supinamente il cambiamento senza doverci subire anche una paternale con relativa emorragia di sentimentalismo a fiotti. Il futuro del trasporto è la smaterializzazione, ma questo contrasta con i principi di un'economia, quella sì, ormai da repertorio, ed il mancato entusiasmo che ci procura la saccente e accattivante propaganda delle corporazioni, tutta tesa ad indicare rivoluzioni fittizie, mitologia da spettacolarizzazione totale ed astratta, imbarazzante lavacro per coscienze nulle e destinate ad una vita mentale invariabile nella propria sudditanza psicologica, quello sì è il vero ed unico appiglio che ci resta con la realtà. Questa poesia da quattro soldi, evidentemente demagogica, evidentemente priva di un costrutto, è l'indizio inquietante di un'amnistia, è un licenziamento di massa, è l'inizio di una nuova guerra, e lo sarebbe anche se contribuisse attivamente e realmente alla salvezza dell'atmosfera, perché scongiura e sfiducia nel presente i sentimenti di chi dell'ordine costituito esige la vera immagine, totalitaria, disfunzionale, perennemente obsoleta, nemica giurata dell'individuo e della libertà di pensiero. Tutto ciò che appare conviene, il ributtante pressapochismo dell'evidente un giorno sarà decomposto e liquefatto da tutti gli individui che si sono sforzati di restare liberi, con una dignità da micro-organismi, ma efficaci digestori del presente, creatori dell'unica vera energia utilizzabile dai posteri.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-20476481264733985542010-02-18T14:54:00.009+01:002010-02-18T15:20:14.390+01:00RetoriCar<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/k3JuHeYSzcQ&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/k3JuHeYSzcQ&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Mentre imperversa la polemica per la potenziale chiusura di uno dei suoi stabilimenti, con il conseguente impatto sociale che ne deriverebbe (una dinamica apparentemente dissonante con i contributi percepiti dallo Stato per la sua natura di azienda di interesse generale per la collettività) Fiat ci invita a salire sul trenino della memoria speculando con registro baritonale su quello che Erich Fromm definiva "la Grande Promessa di uno Sviluppo Illimitato". Il figlio di Ugo Tognazzi giustifica la miniaturizzazione dell'auto con motivazioni ecologiche, mentre in sottofondo Amedeo Minghi canta "1950", brano modificato per l'occasione al fine di includere nel testo il tozzo autoveicolo reclamizzato. Le approssimative aspirazioni ad un sogno imprenditoriale (che non si capisce quanto possa essere condiviso dal cittadino consapevole che ad ogni affondo sull'acceleratore un orso polare va alla deriva su un iceberg) vengono giustapposte a quelle della coppia italiana cantata da Minghi negli anni '80, un mix di volontà di realizzazione sentimentale ed economica comune ai cliché del neorealismo, con tanto di nome proprio dell'amata incastonato nelle liriche. Ma se nel brano originale Serenella osserva gli americani che se ne vanno dopo aver liberato l'Italia, nello spot beneaugurante del 2010 viene reclamizzato l'effettivo approdo della city car nei punti vendita di New York. L'impressione generale è che più che sentirsi invogliato ad acquistare il bene reclamizzato, lo spettatore dovrebbe sentirsi orgoglioso del fatto in sé, tributando il proprio consenso a quest'azienda storica ma controversa, o perlomeno deponendo quella molotov accesa che reggeva in mano con l'intento di dar fuoco ad un cordone di incolpevoli poliziotti armati di tutto punto. La 500 fa una virtù delle proprie dimensioni contenute, anche se la vediamo marciare solitaria su una carreggiata del Ponte di Brooklyn apparentemente lasciata deserta per l'occasione. Da questo polpettone double face, un ripieno di celluloide passatista avvolto in morbide facciate di grattacieli immaginifici, emerge un inaspettato colpo di scena, un'apertura solidaristica e confortante verso le fasce più deboli: "oggi sappiamo che non è importante quanto grande sei tu, ma quanto è grande il tuo sogno". Questa è una vera buona notizia, dacché non è un'intercettazione ambientale raccolta mentre Ricky Tognazzi, sorseggiando un margarita, cerca di abbordare una top model sotto al metro e settanta, immerso in una piscina nel contesto di un party esclusivo. Non bisogna farsi ingannare dal look futurista degli slogan a carattere slanciato: il migrante, appeso a un filo in acque extraterritoriali, può sentirsi finalmente compreso e colto nel suo stato di necessità impellente, armato com'è di un italian dream talmente forte da spingerlo a rischiare la vita per realizzarlo. Dulcis in fundo, questa morale omnicomprensiva ci convince attivamente delle buone intenzioni dell'impresa, evidentemente impegnata per il benessere della nostra patria e dei suoi futuri cittadini. Forse qualche benpensante sarà portato a leggere questo messaggio come un incoraggiamento un po' buonista a stelle e strisce, ma si sbaglia di grosso. Quella vecchia berlina aristocratica che si suddivide in cellule altro non rappresenta se non l'inizio di un inarrestabile processo di ridistribuzione fortemente voluto da FIAT. L'ottimismo ci deve portare a credere che in tempi brevi ci sarà abbastanza ricchezza per tutti, in uno scenario multietnico in cui basterà portare capelli intrisi di brillantina e ruminare la gomma del ponte per azzerare le tensioni sociali. Armati di valigie di cartone e broccolino, dovrebbe riuscirci più difficile condannare le mire espansionistiche dello Scià Ottomano.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-7435856473521735652010-02-17T14:53:00.012+01:002010-02-18T10:39:00.882+01:00Mente gravitazionale<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/rc1xKAeVIL4&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/rc1xKAeVIL4&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Il rapporto con il passato, meccanismo fondamentale per dare un'interpretazione finalistica al presente giustificandone le contingenze, si fa strada nell'advertising creando lenti gravitazionali simili a quelle osservabili nel cosmo; alla stregua di basiti ricercatori con l'occhio incollato al telescopio elettronico, dobbiamo vedere la presenza di questi artefatti come uno strumento d'indagine e non come una semplice distorsione, addentrandoci in una nuova e diffusa voglia di flashback con la sicurezza di poterci trovare le conferme della relatività. Se il passatismo di altri spot opera in modo lineare proponendo un passato mitologico per attribuire (tendenziosamente) dei significati allo smarrimento del consumatore, al quale tocca guardare in faccia un meccanismo che ha cambiato il suo funzionamento, ad un'azienda più che mitologica come The Coca Cola Company dev'essere sembrato opportuno esaltare questo processo con una ridondanza: un doppio flashback. La primissima sequenza presenta un filmato d'epoca, per poi sfumare in una evidente ricostruzione di un filmato d'epoca, in cui il bianco e nero, assieme alle movenze pittoresche del barman, non ambiscono ad una verosimiglianza integrale, non pretendono cioè di creare un trompe l'oeil iperrealistico, ma desiderano farsi accettare come "ricostruzione dichiarata", dato certificato in modo definitivo dal ritorno ad un'immagine a colori nell'ultima parte di questo segmento. Se ci si fosse fermati qui, non ci sarebbe stato nulla di nuovo, ci saremmo trovati di fronte ad una narrazione canonica. Purtroppo l'occhio dello spettatore è costretto ad una sosta intermedia tra il passato remoto ed il presente. Alla ditta produttrice di bibite frizzanti non basta glorificare le proprie origini, ed ecco la nascita di un sottomondo della vita passata, paragonabile all'avvento della spaventosa torre del Purgatorio contrapposta a quelle profondità infernali che Dante voleva nascoste da qualche parte, sotto alle fondamenta di Gerusalemme. La retorica del disagio economico si rivolge al passato del consumatore con lingua bifida, rivalutando la proverbiale inventiva italiana, fatta di una capacità di rielaborazione tanto geniale quanto apparentemente "alla portata di tutti". La nostra mente è sottoposta ad un duplice cedimento prospettico. Quel presente privo di benessere, che vorremmo imputare ad una cospirazione mondiale che ha arricchito pochi oligarchi, viene messo sotto ad una nuova luce: a cedere non è stata la semplice rincorsa alla ricchezza materiale (gestita dal potere in tutte le sue forme), il mito del consumo è punto di partenza inderogabile anche per il nostro passato individuale, e la madre di famiglia, meritevole ma allo stesso tempo responsabile del successo del prodotto, diventa il vero bersaglio di nostre eventuali rimostranze per una busta paga assente o preoccupantemente assottigliata. Prendetevela con lei, che ci ha fatto avere successo, e quindi con voi stessi, sembra dire Coca Cola causandoci quello stesso lieve senso di soffocamento esperibile durante la deglutizione della famosa bevanda. Quel servile augurio di buonappetito, quell'inquadratura stretta su una tavola troppo affollata che ci fa sorridere unicamente perché si presenta come immagine di repertorio (una sorta di censura psicologica), cavalcano disperatamente il presente, sbandierando il passato come efficace vessillo mercantile. L'unica consapevolezza necessaria per disinnescare questo spot è che da parte dei persuasori non può avvenire revisionismo che non riguardi l'attualità più effimera, confezionando proprio rievocazioni storiche altamente deperibili come questa. Assoldati come comparse in uno spaghetti-western in cui compare il Colosseo, elemento dissonante del paesaggio, dobbiamo focalizzare con coraggio un pianista sul quale non solo si è sparato innumerevoli volte, ma che ha già ottenuto da tempo degna sepoltura. Sta a noi decidere se la musica che esce dallo stesso strumento tramite un nastro meccanico ci suoni altrettanto bene, decretare se il passato ci è funzionale o meno, al limite anche per inasprire il nostro conservatorismo, pistoleri arrembanti che calcano gli speroni nell'impiantito del saloon pretendendo di avere l'intera bottiglia di whisky, mentre gli altri avventori, terribilmente amorfi ed inodori, si limitano a stare ai margini della festa accontentandosi di sopravvivere a bevande dolcificate. </p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-54616327075659718552010-02-08T13:56:00.008+01:002010-02-08T14:24:40.205+01:00Qualcuno volò sul nido del culo<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/xldFFzMnMK8&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/xldFFzMnMK8&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Uno dei più difficili compiti di qualsiasi pulsione critica, sia essa circostanziata o ingenua, egualitaria o faziosa, programmatica o incidentale, è quella di sapersi fermare in tutti quei casi in cui venga raggiunta una qualche tipo d'eccellenza, in sintonia con quella considerazione di Oscar Wilde che addita come imperdonabile non il fatto di compiere i grandi mali, ma di non compiere nulla di cui si possa parlare in modo interessante. È in questo modo che, come frastornati aeropittori sopravvissuti ad un atterraggio di fortuna, dobbiamo sì raccogliere le macerie della nostra povera psiche deturpata, va sì compiuta una benefica procedura di triage, ma vanno anche riconosciuti, tra le pieghe di una perversione contraria alle istanze di qualsiasi individuo, i palesi indizi di un grande capolavoro dell'orrido. La nascita, il più toccante degli episodi della vita, viene idealizzata e rappresentata da un bambino indiscutibilmente vivo appollaiato tra i nembi. Perfettamente formato, supera abbondantemente la morfologia del neonato di molteplici mensilità: sorride, staziona seduto, reagisce al movimento degli oggetti attorno a sé, e in particolare all'arrivo di una cicogna cibernetica che lo avviluppa colpevolmente nella carta igienica reclamizzata. Se possiamo tollerare l'idea di un'eccezionale gravidanza durata oltre misura, l'entrata in scena di una seconda bestia antropomorfa a pochi secondi dall'apertura con mascotte iniziale ci lascia subito spiazzati. Increduli ma già sulla difensiva, riusciamo a sostenere la spudorata enfasi romantica di un arpeggio di pianoforte e l'avanzare delicato ma inesorabile delle argomentazioni della voce narrante: mentre il bambino di sei chili per un mero scherzo del destino riesce a non perforare il cirrocumulo terminando in mare aperto, siamo tentati di farci catturare dalla poesia dettagliata delle immagini, dalla compiutezza del paesaggio, siamo persino disposti a perdonare. Ma scritte informative in font bastone scorrono su un festone di cellulosa, spostando l'ago della narrazione in direzione burocratico-ospedaliera, salvo degenerare, ormai fuori controllo, nella più scabrosa e diretta rappresentazione della parte anatomica deputata al consumo di Foxy. Già messi al tappeto da questa impossibile emulsione di epidermiche metafore visuali, infantilismo zoomorfo declinato in un pasticcio stilistico di cartoon e iperrealismo, nudità femminile gratuita (per quanto blandamente panneggiata dal rotolo vivente), decretiamo di seppellire noi stessi sotto alla pietra tombale dell'incredulità all'arrivo del colpo di grazia finale: appezzamento verdeggiante fuori porta, rustico ristrutturato ricoperto da graziose edere secolari e triade familiare stilizzata in luce di tramonto. Se solo quella cicogna avesse avuto un vero apparato digerente sotto al piumaggio renderizzato in Maya, i genitori l'avrebbero ringraziata offrendole del bacon alla griglia, accendendo il fuoco con vecchi giornali riportanti querelle parlamentari su pacs e dico ormai perdute nell'oblio di un passato analogico. Come una mosca nell'ambra questa ributtante orchestrazione di fantasie e perorazioni disfunzionali resterà a testimoniare lo spirito del tempo. Gli acquirenti, analfabeti emotivi e sostenitori bigotti del nucleo familiare in salsa ecologista, necessitavano di queste suggestioni favolistiche per edulcorare esistenze turbate dall'imperfezione di un tubo di scarico, ma anche del posteriore di una bella donna che facesse alzare pressione ed attenzione. Come punto morto inferiore di tutte le retoriche causate dall'abbattimento dei confini nazionali dei mercati, i Neanderthal, per grazia del Signore, periranno affogati nei marosi di sistemi di valori terribili e utilitaristici (in teoria da loro stessi sostenuti). Dall'una tantum per ogni nuovo pargolo, lanciato con lo stesso spirito etico di un incentivo alla rottamazione, al controllo delle nascite. Dai cartelli monopolistici cammuffati da libera concorrenza, al vero libero mercato. Dai cieli azzurri dell'ideologia spazzatura ad uno spazio aereo controllato da Mig con motori a reazione che, nel superare con uno schianto il muro del suono, inceneriranno volatili di passaggio e imbarazzanti parabolette consumistiche.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-21258868432043474382010-02-05T18:21:00.000+01:002010-02-05T18:39:15.365+01:00Reach out and touch pain<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/v9W-IOZco2Q&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/v9W-IOZco2Q&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Le pubblicità personalizzate che campeggiavano sui megascreen rivolgendosi direttamente al singolo passante non esistono più solo nell'immaginario cyberpunk raccontato dal Minority Report di Spielberg. Il product testing suggerito all'ascoltatore viene esercitato, da un punto di vista formale, tramite un verbo all'imperativo, e sembrerebbe non lasciare molte alternative se non fosse che "provare" implica di per sé l'eventualità di un insuccesso, in agguato per chi non fosse in grado di praticare il fondamentale meccanismo della respirazione, magari a causa di un insufficiente coordinamento psicomotorio, o perché confinato nell'angusto spazio di un polmone d'acciaio da tragiche fatalità. Il provvido suggerimento sembra nascere da sé, pregno della sua validità educativa, in un luogo e per un motivo imprecisato: la scarsissima profondità di campo dell'inquadratura confonde l'anello della visione periferica che potrebbe darci qualche indizio sul contesto del monologo, e non bastano spalline candide riconducibili ad un camice, al limite inferiore dello schermo, per confermare inequivocabilmente che dietro a quel seducente viso di donna si celi un vero medico, che sarebbe vincolato, pur nella finzione pubblicitaria, all'onestà delle proprie affermazioni dal giuramento d'Ippocrate. Anni fa un'indagine espose l'intera categoria all'imbarazzo portando alla luce la pratica diffusa dell'evasione fiscale: sarà per questo che non è più in auge declamare in pompa magna che il prodotto è raccomandato dall' Associazione Medici Dentisti Italiani? Più probabile che l'intento di quello sguardo che non si stacca per un attimo da quello del telespettatore sia di tirare in ballo un'istituzione ancor più potente, la coscienza parasintomatica del ricevente, per una volta tanto messo in grado di sperimentare in prima persona, più che gli esiti del banale atto diagnostico suggerito, la soddisfazione di poter accedere all'intero ciclo di bisogno ed acquisto perfettamente giustificati . All'accuratezza pittorica del ritratto emotivo dell'emittente materiale del comunicato, caldo, ravvicinatissimo, eppure impersonale, segue il doveroso cliché dell'esemplificazione in computer graphics. Per il semplice fatto di mostrarci i veri responsabili del dolore venuto dal freddo, perpetrando un "viaggio allucinante" all'interno del nostro corpo, la frastornante biopsia ci espone indifesi alla novità dell'ignoto. A rendere ancor più inesorabile questo manifesto del determinismo ci viene denunciato il nome degli organelli deputati ad infliggerci sofferenza, un misto di latino e raccapricciante diminutivo che, mettendoci per un attimo a contatto con l'esoterismo della terminologia scientifica, ci costringe a ricordare la nostra vita clinica passata, o a temerne una futura. Mentre ancora battiamo i denti, il packaging sobrio del presidio medico fa la sua comparsa e ci avvince, pazienti allarmati che scavano in un cassetto pieno di antibiotici prescritti da un medico di base facilone, necessitiamo di una scritta segnaletica extrabold più che di colori accattivanti, e ci aggrappiamo alla certezza finale: il preparato medicamentoso fa e garantisce, anche in tutti i casi in cui l'imperizia o l'ipocondria ci abbiano giocato brutti scherzi. Non c'è alcun rimando ad un'autorità esterna, e in fondo quasi ci dispiacerebbe essere esclusi da questa opportunità curativa che è anche esaltante pratica d'autocoscienza. Varrebbe la pena d'acquistare comunque il prodotto, anche in assenza della sintomatologia dolorosa, o come minimo siamo tenuti a tentare e ritentare lo stimolo ai nocicettori nascosti, soffiando ossessivamente come felini sull'orlo di una crisi di nervi, spinti a cercare il prezioso appagamento di una soluzione, a costo di inventarci il problema per un conclamato fenomeno di pareidolia.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-86017141579358984142010-01-27T13:47:00.005+01:002010-01-27T14:02:09.886+01:00Spot Pfizer<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/egCTqmtVJ5o&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/egCTqmtVJ5o&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Tvsintegro vi presenta la prima contribuzione audio/video del blog da parte di un ascoltatore! <br /><br />Ringraziamo l'Ing.Altobelli e confidiamo che questi episodi di interazione attiva diventino sempre più contagiosi!</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-49226326783664426782010-01-05T10:10:00.000+01:002010-01-05T10:10:00.662+01:00Vite scontatissime<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/GdkFae8un_w&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/GdkFae8un_w&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Come nel corso delle grandi catastrofi, a fronte dello spreco e del disastro può manifestarsi un'allettante contropartita, godibile solo nel caso in cui, spettatori incolpevoli, riusciremo a sopravvivere al cataclisma ed appuntare un'invidiabile testimonianza al nostro personale curriculum, nel replicare le gesta di Plinio il Vecchio spettatore della distruzione di Pompei staremo ad osservare questo spot, studiando in tempo reale le singole facce del potere economico che slittano pericolosamente come fronti di immani ghiacciai, accettando tentazioni totalizzanti, muovendo ciascuno a turno i primi passi nel territorio inesplorato dell'ideologia, concreta manifestazione della tensione di ogni fornitore di servizio a trasformarsi, dandogli lo spazio e il tempo sufficiente, in un'autorità morale di qualche maledetto tipo. Nevica negli interni, le intemperie invadono i manufatti abitativi dell'uomo a favor di telecamera, la commistione è necessaria alla trasfigurazione poetica, se nella poesia ci includiamo per definizione anche le manifestazioni più grossolane, quelle che arraffandosi licenze nei confronti della realtà, della metrica e del linguaggio armano di pericolose consonanze cognitive concetti che è molto generoso definire puerili contraddizioni. Attratti dallo specchio per le allodole che sono i prodotti civetta, consumatori riversati nelle corsie non cercano più solo del mais in scatola, pacchi di acqua minerale e polli arrosto: ormai svuotati dall'infernale cortocircuito di produzione e consumo si aggirano demotivati e confusi, non sapendo più a quale suggestione pubblicitaria credere, nell'impossibile tentativo di compensare quella noia esistenziale che in condizioni naturali porta beneficamente al suicidio. Uno xilophono immenso capitana una big band nel lancio del crooner confidenziale, un improbabile San Bernardo, dotato del proverbiale sesto senso delle bestie, presagisce e traina la padrona verso l'evento, i bambini sorridono a sproposito come sempre, il pilota si decide ad azionare l'alzacristallo elettrico per meglio traguardare la fonte di sconcerto. Ma, invisibile ed extra-diegetico, non arriva un redivivo Sinatra, bensì un dinosauro cantautorale all'italiana che si innesta sull'introduzione jazzy con un marchiano bisticcio stilistico, e, su una serie di slowmo gratuiti, inanella banalità infuocate con il timbro gutturale di un disarmante e spelacchiato leone da circo intento a spiccare un volo rasoterra. Voce roca e paterna, anticamente destinata a ossequiare con il citarismo il patrimonio della saggezza popolare, ormai residuato fonogenico di una discografia scaltramente mimetica, corredata da una terminologia essenziale da lobotomizzati, il cantautore di regime cerca di sdoganare il luogo dell'anonimia per eccellenza confezionando un'illusione sonica, un retrofuturismo che strizza l'occhio all'impegno di sinistra anni '60/70 tutto chitarra e partecipazione, un'impossibile voce discordante pregna della propria originale visione del mondo, purtroppo scaricata anch'essa col muletto elettrico omologato da un autotreno, al termine di un lungo viaggio tra scatolame e bancali di zucchero in buste da un chilogrammo, finalmente conferito, su un mini palcoscenico a rotelle incluso nel prezzo, fino alla zona antistress / offerta crostini con olio d'oliva alla clientela da parte di hostess in tailleur blu elettrico. Il testo della canzone punta verso il basso come la neve che diserta gli spazi aperti per adornare le corsie sovraccariche di prodotti, tira in ballo polivalenti categorie di bene e di male, confortando in modo indifferenziato il neonazista, il donatore d'organi, lo stupratore seriale, l'educatore, il migrante, la partoriente, lo spacciatore d'eroina, lo psicogeografo, il sacerdote, lo gnomo, le intelligenze artificiali, i piccoli animali domestici, i blogger, i capi di stato e gli asfaltisti. Sono tutti loro ad aver abboccato ed a formare un surreale corpo di ballo, a scuotere l'ombrello per una nevicata inesistente che poteva soltanto suggerire la negazione di un mondo esterno quale unico possibile spazio continuo, per la spinta ad uno stile di vita claustrofobico nel quale il sentimento del panico spadroneggia alla minima mutazione di una delle variabili ambientali: ordinato nella fila e tutore del proprio ordine, il consumatore natalizio è pronto a trafiggere chiunque gli rubi il posto con una stella cometa in plastica alimentata a 12 Volt, e non per vera cattiveria, ma per un insoddisfatto desiderio di violenza costretto ad incanalarsi nelle isterie a buon mercato proposte dalla routine pre-pensionamento. Prodotto finito di cattiva musica e pessima narrazione, l'acquirente zombie può soltanto crogiolarsi in visioni massimaliste e superficiali, deve andarci a ruota, non può più farne a meno, pena la crisi d'astinenza. Al bianco natale deve opporre polvere bianca, farmaceutica o narcotica, arte parasintomatica e inoffensiva, trincerante, corroborante, assoggettata fino al midollo alle logiche di mercato. Finché in lui soffierà un alito di vita, dovrà soltanto allungare la mano sullo scaffale e lasciarsi convincere, e ci sarà sempre qualcuno a cantargli le buone ragioni dell'incubo, padre sintetico smembrato cristologicamente nella ragnatela elettromagnetica che pervade l'atmosfera e sovrasta il tessuto urbano, un sussurro compiacente, davvero, proprio come se l'inferno ridesse attraverso la bocca di un asino. <br /></p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-57849911142293863902010-01-04T17:20:00.007+01:002010-01-04T17:48:55.922+01:00Dolcezza siderale<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/pM6p9PnQDxA&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/pM6p9PnQDxA&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>L'azienda italiana più impegnata a popolare pervasivamente l'immaginario dei propri acquirenti con trasfigurazioni rassicuranti e allegoriche non poteva di certo far mancare i propri calorosi auguri, e noi, in quanto accaniti consumatori di prelibatezze dolciarie, ci troviamo costretti a ricambiare tali attenzioni, vorremmo pareggiare i conti con un apparato tecnico ed estetico altrettanto potente, ma invece ci ritroviamo, desertificati, a scagliare invettive come pezzi di mobilio lanciati dalle mura di un fortino individuale sotto crudele assedio da quarant'anni, covando nell'intimo il desiderio che quell'abete natalizio tanto elegantemente apparecchiato ceda ai colpi del nostro arsenale immaginativo, luogo depredato e razziato dalla contemplazione permanente, ma ancora in grado di fornire argomenti abbastanza solidi da farsi perdonare d'essere eterogenei e raccogliticci. La qualità dei biscotti e delle immagini Barilla è altissima, le due cose vanno di pari passo, il problema anzi è proprio che la grandiosità di questi spot irrita proprio per la mancanza di un senso del limite, per la sproporzione tra senso del bello e consistenza delle finalità, per un gigantismo del prodotto che producendo la potente suggestione di un mondo migliore preclude la realizzazione dello stesso per una delirante osmosi di significati tesa a prosciugare la realtà. Così come l'allineamento di stelle a distanze diversissime e non appartenenti ad un vero volume di spazio condiviso ingannano l'occhio e ci fa vedere costellazioni del firmamento, le estrusioni del popolare biscotto affiorano da un cielo efficacemente commercializzato proprio grazie all'impossibilità di trarne una visione prospettica. Potremmo frazionare l'intero video nei suoi elementi, storyboard, casting, fotografia, illuminazione, post-produzione, doppiaggio, copyright, apparato informatico, recitazione, un impressionante lavoro di squadra destinato a far sopravvivere la famiglia come un malato terminale bisognoso di ciascuno di questi elementi per apparire in modo convincente sul monitor, l'unico vero orizzonte sensoriale concreto del futuro consumatore di biscotti al cioccolato, spazio discreto perfettamente normato e gestibile, suddiviso in pixel che ammorbidiscono le spigolosità con il filtro anti-alias della sospensione dell'incredulità. Rappresentare è uccidere, sottrarre, togliere potenza ai simboli e quanto più magniloquente è la rappresentazione tanto più un fantasma emerge dalle immagini, una necessità di senso spettrale e sottointesa, ma alla voce suadente che chiede di lasciare che i pargoli vadano a lei, dentro a noi rispondono urla agghiaccianti: no, il futuro non può essere solo nelle vostre tasche perché avete i mezzi per raffigurarlo, e non si parla di semplice boicottaggio del canale comunicativo, la rappresentazione di taglio cinematografico è una violazione narrativa, è un crimine psicologico, è una perversione in quanto viene rivolta a temi talmente non problematici da far sospettare che anche la propria esistenza debba vivere di ridondanze morali, di perbenismo, conformismo, fiducia cieca nelle condotte cilindriche di intestini industriali volti a darci il nutrimento, approvazione interiore di una success story arrembante vero punto nodale del reiterato sproloquio barillesco. Finchè il carboidrato avrà successo, continuerà a permanere nel firmanento ideologico dell'individuo, un satellite geostazionario verso il quale rivolgere la propria parabola, un sopruso alla fantasia, un ritorno al kitsch e al barocco che fa coincidere il potere economico al privilegio di poter raffigurare la realtà. Alimentati dalla semplice disponibilità di potere, non solo i marchi dell'azienda e derivate, ma persino il logo del singolo prodotto ha modo di personificarsi beneaugurante, scagliando la famigliola in uno scenario tanto superlativo quanto inarrivabile, inaccessibile magia artificiale coperta da copyright che di fatto resta inimitabile, perfetta, e quindi assolutamente morta. L'uomo è scomparso, oppresso da una volta che ormai non è più celeste, unica risorsa fantastica è un flash-forward in cui archeologi pubblicitari rideranno della pomposità di un circuito mediatico così disperatamente ancorato ai "valori", e studieranno la proliferazione di un monopolio che da mercelogico è diventato sproporzionatamente comunicativo, un osceno trust monoprodotto che non sa più cosa invadere, presupposto patrocinatore dell'infanzia, immotivato promulgatore di assopimento e stagnazione mentale, nel migliore dei casi realtà imprenditoriale talmente ingombrante da dover compiacere inclinazioni fideiste e patriottiche, un'azienda costretta a fornire, oltre che prodotti da forno, delle fottute risposte ai dissidi esistenziali dell'italiano. Accanto ad affabulatori e sacerdoti del buonsenso aspettatevi di vederlo arrivare prima o poi, grottescamente goffo, un pandistelle biologico in doppiopetto, a sedersi su una poltrona del salotto buono, privo di un vero encefalo dal quale l'evoluzione possa far germinare un cervello, il biscotto definitivo, in via di putrefazione e sciolto dai riflettori, vestito da businessman, impegnato a comunicare con un text-to-speech radiocomandato e uno speaker nascosto, affaccendato a chiedere di venir desiderato, acquistato, consumato, votato, amato. </p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-6783483175256638052009-12-22T23:50:00.001+01:002009-12-22T23:53:33.625+01:00Tvsintegro - Capitolo 4<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object width="425" height="350"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/p/B75FD4115CFAE072&hl=it_IT&fs=1"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/p/B75FD4115CFAE072&hl=it_IT&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" width="425" height="350" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true"></embed></object></p><p>Spot presi in esame:<br />• spot_162_colluttorio_listerine<br />• spot_163_colluttorio_tantum_verde<br />• spot_164_alimentari_golia_estate<br />• spot_165_rasoi_gillette<br />• spot_166_turismo_altoadige<br />• spot_167_alimentari_vigorsol<br />• spot_168_assorbenti_lines_perla<br />• spot_169_alimentari_muller<br />• spot_170_truffe_legalizzate_lotto<br />• spot_171_alimentari_stracchino_nonnonanni<br />• spot_172_alimentari_kinder<br />• spot_173_arredamento_lefabier<br />• spot_174_casa_swiffer_duster<br />• spot_175_paytv_skyhd<br />• spot_177_automotive_audi_sportback</p><br /><br />- - - - <br /><p>Nota: come forse alcuni di voi avranno potuto notare, molti spot natalizi del dicembre 2008 sono stati riciclati e ritrasmessi nel corso di questo dicembre 2009. Tintinnino i calici, alla manifestazione di questo sintomo della ritirata strategica dei "persuasori occulti". Vale quindi, come integrazione al commento dei nuovi spot, quanto già detto sugli spot riciclati l'anno scorso (<a href="http://tvsintegro.blogspot.com/2008/01/tvsintegro-capitolo-3.html" target="_self">Vedi qui Tvsintegro - Capitolo 3</a>)</p><br /><br /></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-12915147944038155882009-12-22T23:30:00.001+01:002009-12-22T23:49:40.653+01:00Nontintendo<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/6UfeagncDrM&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/6UfeagncDrM&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>La augmented reality di cui già ci parlava W. Gibson nel suo romanzo "Luce Virtuale" nel 1993 comincia a fare la sua apparizione grazie ai balzi da gigante compiuti da quella branca dell'informatica chiamata pattern-recognition, area di ricerca destinata a popolare il mondo di tag come mai avremmo immaginato, per poi categorizzare la realtà e riproporcela grazie ad innovative interfacce uomo-macchina, raggiungendo forse quel distacco totale dalla realtà inteso come nirvana tecnologico trans-umanista. Prima che Matrix diventi la cine-liturgia di un futuro distopico e un imbalsamato Keanu Reeves venga deposto in un mausoleo come fu fatto con il tovarish Lenin, bisognerà fare i conti con i primi goffi approcci commerciali, costretti alle esemplificazioni più triviali per spiegare una tecnologia nuova e sconosciuta agli ascoltatori. Tutti i vari spot di Nintendo DS convergono a quest'idea di prova su strada tradotta direttamente in reclamizzazione per il suo contenuto di novità (ricordate i primi innocenti spot sul park assist, o l'abuso del termine "virtuale" durante l'esplosione della New Economy negli anni '90?), ed anzi l'adesione dello spot alla performance del prodotto è tanto fedele quanto imbambolata: nel produrre una casistica empirica l'oggettino se ne esce infatti vagamente bruciato. Quello che poteva essere un interessante babelfish diventa un gadget per nerd incapaci di intraprendere un'esperienza culturale a tutto tondo. Gli inossidabili giapponesi, evocati ad ogni piè sospinto come paradigma della diversità, infelice revival di quell'orientalismo strumentale tanto caro agli abitanti del Vecchio Mondo, restano uguali alla smagliante raffigurazione fantozziana. Ugo e la signorina Silvani, questa volta, grazie a Nintendo tentano di cavarsela meglio, evitando il contatto con alimenti, idee, e forse pratiche di vita difficilmente introitabili nell'arco di una serata. Il Giappone è un'immensa coscia di pollo nella mente dell'occidentale, l'incomunicabilità si vuole relegata unicamente al linguaggio, l'intraducibilità delle espressioni idiomatiche non viene nemmeno presa in considerazione, in osservanza ad un dispotismo che vede la parola come referente assoluto degli oggetti della realtà e non secondo la rivelatoria massima "il linguaggio è poesia fossile" di R. W. Emerson: le parole, il significato delle quali diamo per assodato, sono unicamente metafore assodate, rimandanti a loro volta ad altre metafore, in una catena senza fine. Non esistendo una traduzione indenne agli accidenti di vocabolari costruiti empiricamente, i due commensali, a causa di un bug del software, ordineranno per errore una generosa porzione di Fugu, il velenosissimo pesce palla per il quale il cliente del ristorante firmerà a casaccio la liberatoria mentre gioca a Tetris, salvo perdere la partita per le successive contrazioni spasmodiche indotte dalle neurotossine appena ingerite assieme alle carni della prelibatezza tipica. Ma anche dando per buona la creazione di software sempre più semantici e precisi, a cosa si ridurrebbe l'utente se non a quel fantasma intrappolato nella "Stanza Cinese" che da paradossale teorema dell'indimostrabilità della coscienza diventerebbe un diabolico test di Turing in cui al vero uomo non è permesso distinguersi dalla macchina pensante? Attenderemo la diffusione di questo gioiellino della tecnologia per rendercene conto, mentre Microsoft sviluppa Photosynth e in tutto il mondo fotografi dilettanti pubblicano in Rete immagini dotate di coordinate GPS. Attenderemo per non renderci conto che i cambiamenti tecnologici, o almeno quelli degni di questo nome, di solito influenzano la nostra vita ancor prima di manifestarsi concretamente con una faccia amica.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-2081503866819498172009-12-22T10:10:00.007+01:002010-02-08T20:29:47.251+01:00Miglior non-protagonista<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/TFax_2WV78Y&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/TFax_2WV78Y&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Come in passato fece la saga di spot del Prosciutto di Parma, il setting del supermercato ci consegna un'altra perla di autocoscienza pubblicitaria, e diventa luogo privilegiato di quello che potremmo definire commedia sofisticata dell'advertising, una sit-com in cui i ruoli sono ormai indiscussi, e si specula sulle interazioni cliente-fornitore in chiave leggera e disincantata, parodistica, volutamente grottesca, e quindi paradossalmente più veritiera. Ben lungi dal porsi come punto di partenza di una riflessione, la ponderosa forma di grana si sottovaluta, eleggendo in modo sproporzionato l'incredula acquirente a campionessa immotivata, e spingendosi a stenderle davanti un red carpet surreale sul quale viene acclamata dall'ottusità di tutti gli altri consumatori. Ossigeno per intelligenze fiaccate dal tradizionale modus operandi dell'advertising, una fabbrica di proposizioni auto-fondanti istericamente protese alla proiezione del bene in un mondo di valori decisamente fuori portata (e fuori tempo massimo). Come strilloni al banco del mercato, un'infinità di spot pretende credibilità e attenzione a scatola chiusa, fornendo segmenti di realtà che valgono solo se creduti, quella "cinematografia trasparente" che escludendo il fuori campo facilita la visione e la percezione, proprio perché non permette la cognizione. Su questa potente corrente ascensionale di presunzione e protervia qualsiasi declinazione ironica veleggia senza sforzo, appoggiandosi alla forza bruta di consuetudini reiterate tristemente, e consegna un messaggio dotato di quel briciolo di naturalezza in più che non va in cerca dello svilimento mentale dell'ascoltatore. Lo speaker cita più volte la "verità" del prodotto, e dato che in una pubblicità diamo per scontato che questa non possa esistere, siamo costretti a prenderla come un'affermazione trasversale: all'ascoltatore non si vuole spacciare una verità, ma soltanto un armistizio che faccia deporre le armi dell'indagine e metta da parte in blocco la fallace tensione verificatrice dell'advertising. Così com'è impossibile che basti afferrare una confezione di formaggio grattuggiato per scatenare una premiazione con tanto di trombe trionfali, paparazzi e bodyguard, è impossibile che sia veritiero quello star-system che vive proprio di questa superficiale fenomenologia. La messa in campo della contraddizione, insomma, taglia fuori tutto il meccanismo del marketing persuasivo al primo livello per stabilire una (ipotetica) conversazione a livello superiore tra due nuovi interlocutori: l'ascoltatore e l'inserzionista colto nella sua impellenza, piuttosto che l'ascoltatore e un oggetto inanimato spinto buffamente sulla ribalta. Una televisione che enunci di parlare di verità è come un prestigiatore che sorridendo ci mostra i propri trucchi: la tecnica necessaria alla performance è dichiaratamente concreta e onerosa (il prestigiatore, per giocarci, deve essere molto bravo), e la meraviglia che proviamo è dovuta al fatto che ci inganni in virtù di un'illusione perfettamente "tangibile" (il prestigiatore non tira in ballo il sovrannaturale, se non in modo farsesco). Ovviamente non basta questa piccola concessione a stabilire una condotta virtuosa dell'inserzionista: lo spot è costato un investimento, si spera che produca un incremento delle vendite, quindi, per quanto raffinato, è un artificio finalizzato a creare una realtà alternativa, un maggior valore di scambio, un valore aggiunto, e tutto questo avviene non appena un qualsiasi prodotto si costituisce in marchio e necessita di un'astrazione comunicativa (cioè sempre). C'è da stupirsi piuttosto del fatto che sia solo una sparuta minoranza del meccanismo pubblicitario ad avvalersi di questo stratagemma costantemente praticato da imbonitori, comici e politici. Viene da pensare che questo avvenga per una mancanza di preparazione da parte dell'audience: per permettersi quel pizzico di divertita autocritica bisognerebbe essere disposti a non prendersi troppo sul serio, ma questo può avvenire solo in chi non prende costantemente in giro se stesso. In una società impaurita, vessata, minacciata da una guerra psicologica costante vale ancora l'antiquata pratica del bastone e della carota, implicante l'inevitabile corollario di una ridda di spot affaccendati nella fondazione di effimere mitologie pre-razionali, ed estranei a qualsiasi concept in grado di generare il più blando dei processi mentali in chi li dovrà visionare.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-88587744099138352132009-12-21T17:34:00.005+01:002009-12-21T17:47:57.549+01:00È tutto oro quel che luccica<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/npRcLBHIJ8w&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/npRcLBHIJ8w&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Primissimi piani seguono le fasi di assemblaggio del cioccolatino, sottolineando l'esclusività degli ingredienti utilizzati grazie ad una retorica basata sull'irresistibile ritmo del tre, mentre close-up disperati cercano di scagionare una volta per tutte i misteriosi contenuti dell'alimento da ogni forma di sospetto, trasformando il processo di lavorazione dello stesso in una vera e propria incarnazione ricca di magia, narrata tramite una slow motion che ingigantisce ulteriormente gli oggetti della ripresa, in virtù dell'effetto oversampling che miniaturizza forza di gravità e tensioni superficiali dei liquidi. Un dolciume di tal schiatta si meritava un rivestimento in oro, e quasi non ci si accorge della metafora in atto: di vero oro è ricoperto, all'interno della narrazione, proprio in virtù della sua preziosità raccontata dall'invadente gas musicale diffuso da un'orchestra prezzolata, e subito immaginiamo blindatissimi furgoncini portavalori che sfrecciano nottetempo sulle principali autostrade italiane, diretti alle sedi dei principali istituto di credito per traghettare non già riserve aurifere, ma consistenti provviste di Ferrero Rochet. L'oro, ancora l'oro illumina gli sguardi avidi di moderni cercatori, intenti ancora a sterminare popolazioni innocenti e a setacciare corsi d'acqua fangosi, anche se al posto delle Indie e dell'Alaska, dei vasti orizzonti e della guerra d'espansione, esaurito ormai il territorio, resta il confine interno: la famiglia, i rapporti interpersonali, persone speciali in giorni speciali decretati da una gerarchizzazione top-down. Ferrero scaglia contro alle mura del consumatore sotto assedio i cadaveri di alcuni dei suoi caduti per abbatterne il morale, ecco apparire la nonna canuta e la nipotina bionda, spiacciate sulla trasparente parete televisiva, mentre una pergamena legata alle salme consegna a ripetizione le indicazioni del copy: prodotto speciale, per persone speciali, in un giorno speciale. Preparato il terreno con queste scandalose indicazioni morali, lo speaker si impenna e con un miracolo della balistica dà del "lui" al prodotto, personificandolo (cioè proiettandolo sull'ascoltatore), e colpendo al "cuore" tanto citato la coscienza, alludendo all'elettività della relazione monogama, che si vuole super-partes, mossa da sentimenti ineffabili, slegata da ogni necessità e opportunismo (come se non fossero inevitabili costrizioni del vivere), rendendo insomma il rapporto di coppia uno statuto archetipico e sovrannaturale. È necessario giudicare il vissuto precedente ("nella vita ti possono piacere in tanti") per giustificare l'estemporanea professione di un rapporto esclusivo ("ma solo uno ti ruba il cuore"). Su questa gigantesca ipocrisia si fonda esattamente quella famiglia destinata a generare la carne da macello della psichiatria, figli di coppie in crisi, o divise, ma fondamentalmente figli di coppie che, aldilà dell'umanissima paura della solitudine, non avevano veri motivi d'essere. Che l'industria (dell'intrattenimento e non) si faccia carico della motivazione al nucleo familiare è chiaro sintomo della mancata autonomia dello stesso, e a detta di alcuni della mancata motivazione alla vera e propria necessarietà dello stesso. Che l'industria si preoccupi di generare edificanti allegorie sociali pralinate alla nocciola è chiaro sintomo che l'oggetto di cui si parla ha un futuro concreto soltanto nella letteratura mediatica. Che l'industria arrocchi sugli istituti fondamentali della società operando un casting che privilegia un volto maschile mediocre, uno squarcio di "reality" che edulcori il destino della massaia incline, fino a quel momento, ad immaginarsi il volto di Clooney sovrapposto a quello del proprio uomo per considerarlo come un valido partner sessuale, è chiaro sintomo della mancata cittadinanza della realtà dalla società dello spettacolo. Non si possono vendere o propagandare normalità, stabilità, libertà di pensiero o altri beni immateriali che richiedono non l'acquisto di un prodotto, ma una vera e solida società alle spalle, perché una società del genere non avrebbe bisogno di questi infingimenti consolatori, e guarderebbe al prodotto per quello che vale: il tempo sociale necessario a produrlo. Non servirebbe ulteriore tempo per descriverlo, consigliarlo o magnificarlo: indugiare oltre sarebbe solo una perdita, e non un valido investimento, in una comunità che non fosse schiava dell'autoinganno consumistico eretto contemporaneamente a fine e mezzo per ottenere nient'altro che se stesso. Ed ecco che trasformato l'amore in un sentimento maiuscolo, quindi in una merce ben riconoscibile, questo sarà a disposizione di tutti i mediocri del mondo, disposti a concedere a poche frasi lapidarie il riscatto di vacue dimostrazione d'Amore concretate dall'acquisto di beni esclusivi, in un definitivo e devastante marketing interpersonale, permeabile ad ogni suggestione, e disponibile, per la natura stessa del mercato bisognosa di primati e feticci, anche al conflitto più atroce, persino nel sancta sanctorum dell'unione dei fenotipi destinati a perpetuare la specie. Quella stessa possessività assassina degli efferati crimini passionali, studiati come casi clinici appartenenti alla straordinarietà in pruriginosi pamphlet giornalistici, ma dei quali vengono deliberatamente taciute le vere preconizzazioni su larga scala, come se il fatto che queste siano già sotto agli occhi di tutti garantisse anche che vengano interpretate correttamente da tutti.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-10093338640481125502009-12-20T01:53:00.007+01:002009-12-20T02:10:37.542+01:00Casalinga Ridens<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/T1RoSKm8UFk&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/T1RoSKm8UFk&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Nell'oltretomba l'anima di Pitagora trasalisce, al ricordo della leggendaria bottega di fabbro passando davanti alla quale gli apparve chiara la vocazione razionale della natura; alla fierezza del virile artigiano, eternato nell'atto di percuotere barre metalliche di diverse lunghezze traendone note di diversa altezza (assieme a maestose nuvole di scintille), vedrebbe sostituita, in strana e moderna tunica, un esemplare di uxor casalinga ridens, e al suo occhio clinico non sfuggirebbe l'empiricità con cui vengono legate note diverse a vasetti tutti ugualmente ricolmi della salsa alimentare reclamizzata, e poi, in un blooper successivo, legate altre note in contrasto con le precedenti pur di estrapolare da quei cocci, a favor di telecamera, la linea di Jingle Bells. Senza contare che la frequenza di una nota generata da quello che viene chiamato "tubo risonante" dovrebbe corrispondere a quella che per un quarto della lunghezza d'onda ha esattamente l'altezza dell'orcio, e quindi prevedibilmente più grave di quella che accompagna le inquietanti movenze della suonatrice. Al brindisi collettivo, che facendo tintinnare il bicchiere scaccia gli spiriti maligni ed evita che questi entrino dalla bocca aperta, e al colpo di forchetta sul bicchiere, che richiama l'attenzione prima di un discorso tacitando una torma di invitati eccessivamente chiassosi, viene sostituito l'agghiacciante paesaggio di una tavolata deserta sulla quale la donna di casa, significativamente vestita di verde come un albero da addobbare, esercita le proprie doti di percussionista cromatica, creando una semplice linea melodica che falsifica la pretestuosa ambizione sinfonica indicata in apertura di spot. Nel silenzio armonioso, che come quiete prima della tempesta anticipa la crapula natalizia, la casalinga modello ostenta un eterno sorriso che non si capisce bene se di compiacimento o di tensione isterica, e ondeggia tenendo il braccio paralizzato in una posa innaturale, tic non dissimile da quello che Marylin Manson adottava nei propri videoclip per trasmettere un'idea di dissesto psicomotorio. Purtroppo in questo caso l'intento non è neanche lontanamente provocatorio: l'ordine stucchevole, l'inspiegabile solitudine della protagonista unita alla surreale attività che svolge, e i claim assolutamente triti ci consegnano l'immagine di mondo domestico super-organizzato che non risparmia i propri abitanti, a giudicare dalle preoccupanti ricadute psicologiche. L'ingente quantitativo di sette barattoli di maionese preannuncia un cenone vertiginoso e in nome del colesterolo, unica via d'uscita un ingente numero di ospiti che ne condivida il consumo, sempre tralasciando l'ipotesi che quella che stiamo osservando, in realtà, non sia la sala da pranzo di un'abitazione privata, ma bensì una cella di contenimento psichiatrica teatro di orribili riti personali. Distesa orgiasticamente sulla tavola imbandita vedremmo una novella Lady Bathory dedita all'apertura di vasetti di Calvè vergini con il contenuto dei quali aspergersi per intero, alla ricerca di un discutibile effetto emolliente sulla pelle che le conceda una bellezza a lunga conservazione. <br /></p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-34446054931454094822009-12-17T12:10:00.002+01:002009-12-17T12:15:05.259+01:00Non è bello ciò che è brutto<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/LJjS4R_2-0E&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/LJjS4R_2-0E&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>È improbabile che successivamente alla visione di questo spot bellimbusti in frac accorrano a comprare i cosmetici reclamizzati per guadagnarsi i favori dell'ape regina: mettete un uomo di fronte a una piastra per capelli e ad una chiave inglese e non troverà la differenza, affidate questo spot ad un audience maschile e all'interno della parure meccanizzata non compariranno variopinti fondotinta, ma viti e bulloni di vario calibro e lunghezza, resistenze elettriche, nastri adesivi telati e pasticche di mastice polimerico. A partire dal "Diamonds are a girl's best friend" di Marylin, passando per il "Material Girl" di Madonna, il format del musical di Broadway spettacolare, di per sé piuttosto obsoleto e polveroso, più che generare vero intrattenimento o riuscire nel suo effetto galvanizzante si fonda su un grande sottointeso: la presenza di un cospicuo pubblico che presenzia allo spettacolo dal vivo. Il mirabile ritrovato elettrotecnico che vede il logo aziendale alimentato da spina industriale omologata trifase a 380V risulta ridicolo come accentuazione visuale su teleschermo, ma impressiona lo spettatore che viene giocoforza catapultato dal divano casalingo alla poltroncina in velluto sintetico del teatro. Incapaci di raffigurare l'inconoscibile eterogeneità di un pubblico sparso accidentalmente sul territorio e raggiunto tramite ripetitori e decoder, lo staff creativo ha deciso di lasciarlo immerso in un'inquietante oscurità che fa sospettare l'inevitabile: che quel teatro sia drammaticamente deserto. La bionda non più giovanissima appare affannata a farsi valere sulla ribalta non come performer artistica, portatrice di doti elettive, ma come protagonista indiscussa che necessita unicamente della giusta scenografia (e di qualche sparuto passo di danza) per conquistare secondo un principio di autoevidenza. È la summa della consumatrice mediocre, un confortevole modello a portata di mano per chi ama la scorciatoia, sorretto da un'efficace pettinatura, uno smaliziato rapporto con la controparte maschile (inevitabilmente molteplice ed adorante), e infine, speculativamente parlando, sorretta dalla propria capacità di interagire con l'estetica in quanto strumento tecnico necessario per perseguire i propri fini. Nel buio fitto, che per negazione si estende a tutto ciò che non è quinta, la femme fatal appare più abbandonata che sottolineata, e l'illusione del moto non riesce ad abbattere la crudezza dei momenti istantanei racchiusi in ciascuna inquadratura: la bellezza incarnata come effetto di un processo controllabile (tramite la cosmesi e la spettacolarizzazione) si degrada sempre più man mano che si allontana dalla sua vocazione di integrità biologica, e si palesa esplicitamente come convenzione sociale. Un femminino di scambio che non sarebbe di certo più vero in virtù di un'eventuale trascuratezza personale, ma che sparato a mille in un breve filmato commerciale, tra lustrini e paiette, trova nel sembiante attempato della protagonista sia il punto di contatto identificativo con il proprio target che la contraddizione della (per quanto effimera e discriminatoria la si voglia considerare) proprietà elettiva della bellezza in quanto tale, abbacinante anche quando colta casualmente in mezzo al traffico con uno scatto rubato, autosufficiente, tanto più conturbante in quanto circondata da pudore. La povertà simbolica dello spot nel suo complesso (l'ostentazione del prodotto, l'identificazione pedissequa con un target non più giovane, un'iconografia vagamente postribolare, lo slogan finale afferente ad una categoria di amore che cozza con l'immagine di spregiudicata divoratrice d'uomini e fa sembrare vagamente ipocrita tutta la disibinizione della premessa) si potrebbe semplicemente ricondurre ad una vocazione low-cost del vero e proprio prodotto. Ulteriore controprova potrebbe essere quel maniglione antipanico difettoso che voi, spettatori imprigionati nell'oscurità di questo incubo da Bagaglino, spingete disperatamente per uscire e respirare un'aria più aperta e meno anglofona, salvo udire un inquietante crescendo d'archi dissonanti e trovare davanti a voi, illuminato in controluce, uno spettrale Johnny Dorelli armato di motosega che vi inseguirà per le vie di New York. </p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-33524367307039314652009-12-16T17:59:00.010+01:002009-12-16T18:39:59.036+01:00E se ti dico di buttarti a fiume?<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/HzJEBu98b-U&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/HzJEBu98b-U&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>L'energia dell'errore supera qualsiasi consapevolezza, e così capita che all'interno delle argute ambivalenze che si vorrebbero, nell'economia di valori di uno spot, consapevoli e funzionali, si possano rinvenire le discrasie tipiche dei sistemi di credenze sospettamente autoingerenti. Mettendo da parte la fortuita coincidenza tra la denominazione dell'azienda ed il "frutto del peccato" simbolizzante l'offerta, oggetto a sua volta strozzato in un'ulteriore metafora visuale a forma di rubicondo addobbo destinato a subire la stessa sorte del simbolo progenitore nel suo venire azzannato, ci piace leggere tra le righe la potenza del rito santificatorio confermata dal suo magistrale effetto collaterale, l'istituzionalizzazione dell'inosservanza, la superba polarizzazione dicotomica e aprioristica, la quadratura del cerchio che riconduce le spigolosità della debolezza umana a principi cardinali biologici e ampiamente prevedibili, il Nastro di Möbius che concilia gli opposti ma che si ritrova tragicamente costretto a fornire, assieme alla trascurabile indicazione positiva che potremmo sommariamente rubricare come "virtù", il vero motore del marketing spirituale occidentale: il peccato. Nessuno si stupisca se alla cornucopia natalizia qui rappresentata da un'avvenente consumatrice a caccia di prodotti di bellezza, utile rimedio vivificatore per le austerità del periodo invernale, verrà poi contrapposta, in primavera, l'efficace meccanismo colpevolizzante della Pentecoste, fatta di narrazione tragica, centurioni sadici, nascondimento del feticcio cruciforme, total recall pasquale che come un buon thriller ripreso ai piedi del Golgota alterna violenza, tradimenti, e intrighi, culminando con gli special fx finali. Si può solo prendere atto della cristallina strategia dogmatica mirabilmente riassunta dall'episodio dell'Albero della Conoscenza, concupito dalla mamma del genere umano, nell'Antico Testamento, e approcciato da una stratosferica mora in sottoveste, nella sparuta replica commerciale voluta da repressi trasgressivi qualche migliaio d'anni più tardi: il rubacchiato possesso del libero arbitrio ha annichilito la possibilità che l'uomo possa accedere direttamente al divino, e non solo perché il master of puppets celato dietro al tetragramma ci viene raccontato come severo, pedagogico e vendicativo. Non perché alla maggioranza dei credenti serva davvero un principio metafisico sul quale fondare le proprie sicurezze, una riserva di "verità" accessibile solo ad intermediari ai quali rivolgersi nel momento in cui le proprie energie risultino insufficienti. Ma perché una comprensione così profonda delle istanze dell'uomo ha fornito un'invidiabile passpartout psicologico a chi è stato in grado di fiutare l'affare: poco conta per il fedele se un intero pezzo di aldilà (nella fattispecie il Limbo) venga cancellato con un colpo di spugna dalla burocrazia ecclesiastica in epoca contemporanea, visto che al singolo viene fornito già un tipo di counselling individuale, mirato, identitario, stabilizzante, funzionale ed utile nel quotidiano, a prescindere dal vetusto mezzuccio estorsivo del bonus/malus post-mortem usato per impressionare i più pavidi. La casalinga in vena di farsi bella e magari di cornificare pure il marito, grazie a quello smagliante rossetto in offerta, abbocca alla cifra scritta in grande, il 50% cubitale (e che leggendo l'informativa si scopre valere solo per spese superiori ai 400 euro) così simile al "poi ci pentiamo!" usato come argomento definitivo dal Melandri in Amici Miei, a coronamento finale di un impegnativo corteggiamento rivolto ad una ritrosa parrocchiana apparentemente insensibile ad ogni argomentazione mondana. Ceduta in blocco la responsabilità delle proprie azioni ad un buco nero mitologico che ingloba bene e male, quel libero arbitrio fatto di contraddizioni passa dall'essere una questione personale ad essere bustarella concessa al racket della consapevolezza, e giocoforza la cosa non si ferma al mondo delle idee. L'avidità umana ha avuto tutto il tempo, oltretevere, per realizzare un impero economico che possiede un quarto del patrimonio immobiliare italiano, ha accesso diretto al condizionamento dei più giovani tramite la presenza nelle strutture scolastiche, usufruisce di agevolazioni e possibilità contributive facilitate da parte dei cittadini, fa insomma tutto quello che farebbe una religione di Stato, con l'imbarazzante contraddizione di non essere più ufficialmente tale. A voi la scelta, lasciarvi tentare dal fifty-fifty pascaliano e ricevere il buono sconto alla cassa, o gettarsi in Arno come l'architetto Melandri, una volta scoperto che quella destituzione razionale tanto concupita era molto più a buon mercato di quel che sembrava, e forse è meglio salvare i propri preziosi cimeli, prima che lo scorrere del divenire tutto porti via con sè.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-87867370870304753962009-12-15T17:35:00.005+01:002009-12-15T18:21:20.497+01:00Presepio telematico<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/SX5G7wtya1g&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/SX5G7wtya1g&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Accasciati al suolo dopo un devastante urto contro un autotreno carico di nuove autovetture da consegnarsi ad uno sconosciuto concessionario, al successivo calo di pressione per emorragia interna potrebbero apparirvi visioni dettate dal sopravvenuto stato di shock. Quell'assicurazione che abbiamo fatto telefonicamente, certo, ci aiuterà a superare il momento, e quel SUV blindato che penzola dal parapetto in acciaio non ci precipiterà addosso, se abbiamo sufficiente fiducia nei simboli dai quali siamo pervasi. L'apparecchio telefonico, munito di quell'appeal un po' retrò che premia la cornetta a design organico, si è munito di ruote che oltre a ricordare al cliente l'automobile da assicurare obbligatoriamente per responsabilità civile (mezzo di trasporto ormai in fiamme al centro della carreggiata) danno anche un'idea di dinamismo che riguarda la telematica: veloce come il pensiero, la conversazione telefonica ci solleva dall'incombenza di recarci direttamente presso una sede fisica dell'ente assicurativo, lodevole applicazione della tecnologia che permette di abbattere i costi e (chissà) fornire un servizio decisamente più razionale al cliente. In linea di principio l'idea è benefica e meritoria, e segue il trend della smaterializzazione dei beni e delle relazioni, unico risvolto rivoluzionario di una globalizzazione che sogna ancora un presunto progresso tecnologico fatto di mozzarelle di bufala che sfrecciano ai 300 all'ora su onerosissime linee ferroviarie ad alta velocità. L'immanenza della RCA fa bella mostra di sé nella sequenza episodica che vede i poveri umani formicolare attorno al massiccio totem auto-telefonico, impegnati di volta in volta in buffe casistiche che fungono da utile didascalia esemplificativa per i concetti esposti dal voice-over. Tutte gag divertenti salvo una: sulle parole "risparmiare è un gioco da ragazzi" il bambino simula un funesto incidente tra due automobiline giocattolo, ma che ci possiamo fare, l'inevitabile zampata pessimistica, per quanto dissimulata, è il leit motif del marketing assicurativo; ci spiace solo che i secondi successivi siano stati tagliati, e non si vedano i morti giocattolo, perimetrati dalle consuete sagome in gesso, giacere sul tappeto rosso in attesa dei rilevamenti del medico legale giocattolo. Le feste portano ottimismo e Directline si sbilancia nel ricavarsi uno spazio tra panettoni e profumi di lusso per avvertirci che sarà lei a farci un regalo con una promozione speciale, nel caso in cui noi ci regaleremo i suoi servigi. Il fil rouge della transitività è ciò che scongiura la dissonanza tra un servizio essenziale e il periodo natalizio, valido alibi per l'acquisto di regali tanto più appaganti quanto più squisitamente frivoli. È sempre e solo questione d'abitudine graduale: queste parole avranno poco senso una volta compiuto il ritorno alle tessere annonarie e ai cartocci senza logo di etti di zucchero e caffè spacciati sottobanco al mercato nero. Sgradevole la caduta di stile finale, l'augurio diretto all'ascoltatore, una sorta di smisurata fiducia pre-industriale che vuole l'azienda tutta d'un pezzo e moralizzata secondo un melenso principio di buon vicinato da dissociazione mentale: valiamo perché siamo belli, bravi, buoni, gentili con bambini e prodighi di bocconcini per quei vostri animali domestici di piccola taglia ai quali in privato mugugnate nomignoli imbarazzanti. Addirittura grottesca la presenza dei due sposini sotto alla nevicata digitale, viene da domandarsi se il bue e l'asinello, lasciati fuori campo unicamente per un rinsavimento in extremis del regista, stiano danneggiando la scenografia a suon di potenti zoccolate, eccitati dal colore rosso delle pareti. Ma queste sono soltanto immagini che hanno attraversato la vostra mente prima che arrivasse l'ambulanza, ora potete stare tranquilli nell'imbottitura di seta a raso, mentre una musica d'organo vi circonda e una voce accorata sembra leggere un passo dalla Lettera agli Efesini. Ah dimenticavo, vi eravate ricordati di assicurare la vostra anima? </p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-91255930787439303852009-12-14T15:38:00.004+01:002009-12-14T15:52:35.184+01:00Destinazione rogo<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/rEvSeq8iyhQ&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/rEvSeq8iyhQ&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Asciugatevi le lacrime provocate dall'ineffabile carisma comico del pupone nazionale, gli oscuri strateghi del consenso, grazie a questo disarmante esercizio di humor, hanno già creato in voi una difesa all'ipotesi iniziale che guida tutto lo spot: è impossibile essere altruisti. Il "what if" tottiano ci viene incontro a braccia aperte in virtù di una decantata genuinità del testimonial, ma la cosa non ci deve interessare, dato che anche se fosse vera andrebbe presa, al culmine di bontà, come verosimile, in quanto imprigionata nell'ossimoro falsificante-verificante della rappresentazione televisiva. Questa mutazione irreale dell'atletico calciatore nel tradizionale dispensatore ciccione di regalie da un lato suscita ilarità per la forma con cui si propone, dall'altro comunica il disincanto dell'egoismo che non ci vuole famiglia-tipo nel caso noi non fossimo testimonial di successo, e che non ci vuole altruisti in quanto il raccapricciante decorso morfologico del testimonial, il "questo è dichiaratamente fantastico" congetturato a carte scoperte dagli artefici dello spot, relega non solo l'immedesimazione con Santa Claus nel mondo dell'impossibile, ma pure il gesto dell'augurio telefonico natalizio, annuale e pesantissimo tributo sociale che è necessario esorcizzare al fine di piazzare il prodotto reclamizzato. In parole povere un calciatore miliardario e la moglie rifatta apparsa fino all'altro ieri in minigonna alle Iene raccontano all'uomo della strada che a voler salutare tutti bisognerebbe essere dei super-eroi: sgombrato il campo da questo pesante senso di colpa preventivo, si può almeno acquistare un valido pacchetto di credito telefonico per dirimere quest'obbligo sociale. Non si vede altrimenti perché l'acquirente necessiterebbe di una sfavillante coppia di testimonial strapagati per stabilire l'intima complicità che cerca di azzerare la distanza tra lo showbiz multimiliardario e la nostra telefonata di rito alla nonna. In un lampo di lucidità il Babbo Natale posticcio si lamenta circa l'impossibilità di consegnare un vero dinosauro ad un bambino che l'ha richiesto: con bocca semiaperta ed espressione intelligente Ilary abbozza mentre a schiena torta ramazza il pavimento per confondersi con la casalinga comune. Vostra moglie alle Iene Show, è possibile che vi sia sfuggita, all'interno del palinsesto televisivo? Ha mostrato un capezzolo in diretta televisiva suscitando clamore feromonico in tutti i "cervelli nella vasca" collegati, o è una nullità qualunque, o era la Marcuzzi? L'ombra dell'ormai enorme pancia del Totti Natale non oscuri queste domande alle quali vi conviene rispondere per determinare una volta per tutte la vostra proficua deontologia della coppia. Crogiolatevi masochisticamente nella naturalezza dell'idiot savant, venuto dal popolo e tornato sui propri passi con libri di barzellette dopo un primo periodo di incomprensione per un mondo dell'informazione interessato ai suoi difetti di facciata. Impotente, a fronte della voracità del pubblico per modelli nei quali potersi spensieratamente identificare, Francè ha abbattuto quella sottile membrana di privacy e pudore per i propri limiti consapevolmente interiorizzati. Le cronache raccontano che Buffalo Bill, ancora in vita, passò dall'essere un vero cowboy ad interpretare se stesso creando uno spettacolo teatrale chiamato Buffalo Bill's Wild West Show, dato che risultava più redditizio che continuare la vera vita di cacciatore al soldo dell'Esercito o della compagnia ferroviaria. Non c'è pericolo che allo scattare dell'Epifania il numero 10 sia costretto a vedere la propria dolce metà bruciare arsa viva in qualche piazza medievale della penisola, ideale martire del valore di scambio, vittima sacrificale di un impossibile ri-trasporto dalla finzione al reale che vuole messi sullo stesso piano dèi, simboli, vip e archetipi favolistici. Così come non c'è pericolo che l'aderenza dello spettatore al calco d'identità così proditoriamente diffuso sortisca una trasformazione dello stesso nell'icona stereotipata servita su uno schermo d'argento con iterazione brutale: a vincere è solo il prodotto, movente insostituibile e unico tassello mancante per far esaurire la tensione pubblicitaria e scacciare dalla nostra mente l'inquietante idea di poter vivere anche per fare del bene. </p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-81627082933897975322009-12-12T15:03:00.010+01:002009-12-12T15:24:58.309+01:00International Kontrol External Association<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/80fuSSSiRow&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/80fuSSSiRow&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>La magia del Natale non riguarda solo qualche fatterello avvenuto a Betlemme con i tre variopinti monarchi impegnati a portare torroncini al neonato. Le variazioni sul tema includono anche questo improbabile Natale Beach Indoors, che si propone dichiaratamente come deragliamento a sorpresa dai grigi casellari di un calendario fin troppo assuefatto alla verità solare. Nel manuale CIA sullo sfruttamento delle risorse umane, pubblicato negli anni '80 e successivamente declassificato, e ormai facilmente reperibile su internet, potrete leggere che più della tortura o del dolore fisico vero e proprio è importante stabilire un controllo ambientale sul prigioniero per estrapolare ciò che all'istituzione interessa (nella situazione colà tratteggiata): informazioni, dati, fatti. I prigionieri del marketing, in questo spot, vivono una detenzione al contrario: a loro viene richiesto non di dire la verità, ma di sognare, e per questo le intemperie dell'ambiente esterno vengono sospese, soltanto per loro, in un vano caldo e protetto portatore di gioia e soddisfazione, inversione scenica dell'idea di interno/esterno. Ma nel mondo dell'immaginario non si parla soltanto di un buon impianto di riscaldamento che eviti di congelare: è necessario che la madre di famiglia col cerchietto indossi un tubino dai motivi optical, che venga esposto un doppio passaggio generazionale, è insomma utile mostrare un'iper-famiglia che faccia pendant con questo calore generato dalle caldaie del business, dato che nel quiz multirisposta è stata votata a maggioranza l'idea del Natale surfista. Per spostare i gusti dalla pesantezza del barocco alle linee semplici e moderne di IKEA, utilissime al contenimento degli spazi in fase di imballaggio, cosa che corrisponde ad un guadagno netto nel segmento produttivo, è necessario professare pienamente questo cambiamento di paradigma e affrontare la spinosa tematica del concetto di normalità. Mai famiglia più disperatamente normale si vide all'interno di stanze social-capitaliste arredate con gli "innovativi" ritrovati del design per tutti: come nella simpatica famiglia Addams del telefilm, una volta cambiato il sapore del contesto si è vincolati a mettere in campo una stabilizzante linearità di ruoli e comportamenti: Morticia è pur sempre una madre composta ed amorevole, Zio Fester fa divertire i bimbi, Gomez è istrionico e pieno d'iniziativa, Cugino Hit, da cane a pelo lungo, si trasforma in quell'animale domestico al quale, a detta di qualsiasi padrone, difetta soltanto, e immancabilmente, la parola. L'elemento non rivoluzionario ha assolutamente la meglio sui contorni ludici della finzione, perché alla fine dei conti, che vi alletti o vi minacci, la CIA vuole da voi sempre la stessa cosa: che lavoriate per loro. Colpisce la perentorietà del copy impresso a schermo pieno: "c'è solo un soggiorno che vorrai" non implica nemmeno una condizione di libero arbitrio. L'uso dell'articolo determinativo, mirato a indicare la specificità dell'oggetto da acquistare, appare non più come opzione ma come "predizione" di un dato di fatto destinato a verificarsi aldilà della volontà dello spettatore, inesorabilmente. Un futuro prossimo fatto di necessità e contingenza, svestito da ogni mascheramento che ci parli di prestazione di servizio o vantaggiosa opportunità fra le altre: se lo vorrai domani, hai già deciso in questo momento, all'atto della visione. In tale prospettiva la nudità dell'iper-famiglia appare sotto una luce ben più inquietante, così come l'espediente del materasso sostituito alla sdraio su un bagnasciuga, presente solo nell'immaginazione del sorridente padre di famiglia: nudi per necessità, si convincono di essere nudi per scelta solo perché hanno al collo una corona di fiori. Un simbolo di benessere non elettivo, visto che il suo valore viene decretato di volta in volta all'interno di un copione di riferimento stringente.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-23870673537484084692009-12-07T19:53:00.004+01:002009-12-07T20:02:28.102+01:00Alla gente piace vedere la faccia di Briatore<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/FauXiHkAqmM&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/FauXiHkAqmM&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Evidentemente non ancora sanzionata dai gusti dell'audience, la patetica saga della coppia di miliardari costretti all'utilizzo di un prodotto per tutti, ma solo limitatamente al telefono, persegue i suoi fini deleteri, sottendendo ad un'implicita glorificazione del potente che si vorrebbe figura carnevalesca ammalata unicamente di megalomania e gigantismo, ma incapace dei lati oscuri che influenzano anche chi è decisamente meno abbiente di Briatore. Ed ecco proiettato il presepio casalingo nella psicologia del potente vista dagli occhi dell'impotente, ecco un commediante temporaneamente vettore di un materialismo parossistico che aumenta volumi e proporzioni pur restando politicamente corretto, non accennando nemmeno per un istante ad una ben più umana autodistruzione morale e materiale raccontata da infinite rappresentazioni shakespeariane, dalla storia e dalla cronaca. Ad un Panariello che indulge all'accento fiorentino vorremmo sostituito un Carmelo Bene che di certo avrebbe ingerito vere banconote da 5 euro per vomitarle sull'obiettivo della telecamera berciando l'Amleto con un grammelot infernale. Agli "assegni in bianco", triviale luogo comune della sublime plasticità del denaro, adatta a realizzare affari a budget illimitato come definitiva dimostrazione di volontà di potenza, vorremmo sostituite nuvole di cocaina sparate dai cannoni assieme alle ceneri di Hunter S. Thompson. La vertiginosa decadenza del potere, dietro alla facciata d'una parodia innocua, viene non solo salvata ma efficacemente mistificata, e quella voglia di sentire il vip seduto accanto a noi sul divano, per evidente complesso d'inferiorità, dà l'opportunità ai mistificatori di replicare e peggiorare il filone. Addobbata di rosso come una entreneuse, e munita di pesanti orecchini d'oro a lampadario, la girlfriend mai ufficializzata vivacchia ai margini della sbarazzina opulenza, ostentando una simpatia che distanzia, ma facendo intendere osceni risvolti che la vedono compiacente eterea. L'intero armamentario cristiano è sparigliato ai piedi del potente, che dirige una compagnia di attori nel disperato tentativo di ritrovare dentro di sé una giustificazione ultraterrena all'edonismo, o perlomeno una giustificazione romantica che ammanti di nobiltà un'oscura manifestazione di grettezza all'interno di pareti, per quanto maestosamente estese, chiuse ad ogni condivisione con il mondo esterno. Matrona e potente non possono fare altro che allibirsi di fronte ai frutti dell'escalation materialistica, non riuscendo a produrre neanche una buona battuta, un bene difficilmente acquistabile, dato che richiede presenza di spirito e un pizzico d'etica. Chissà cosa deve pensare il vero Briatore, mentre defeca come tutti gli altri esseri umani su un w.c. in oro zecchino, a vedere la morte che avanza nelle rughe sempre più profonde e destinate ad averla vinta sul proprio make-up artist. Memore di come le cattedrali d'Europa furono costruite grazie al mercato delle indulgenze, e inconsciamente abituato alla compiacenza, di certo vive nella convinzione che basti una telefonata a Bonolis per guadagnarsi un posto in paradiso.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-73380148766847069392009-12-06T16:03:00.003+01:002009-12-06T16:06:59.152+01:00Faccia d'ananas<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/miQA9ZFh0Ec&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/miQA9ZFh0Ec&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Er Pomata, abbandonata giovinezza ed ippodromo, riemerge da un passato di cinema popolare e ospitate televisive per interpretare il ruolo del comico della porta accanto. Se da un lato l'assunzione di un topos della quotidianità mira alla creazione di una proficua intercapedine tra il mondo dello spettacolo e i suoi consumatori, dall'altro, in una società della famiglia denuclearizzata, un gesto di eccessivo buon vicinato come quello raccontato dallo spot appartiene ormai veramente ad un'eccezionalità interpersonale, ad un desiderio di coesione che è necessario imbalsamare all'interno di proposte commerciali filmate che è fondamentale aggiungere all'arredamento psicologico di ascoltatori poco inclini al consumo di un genere alimentare privo di una qualsivoglia connotazione empatica. A difendere i poverelli e gli affamati costretti ad un dessert di fortuna, un biondo angelo del focolare munito di riccioli dorati. Scacciata dalla storica trasmissione televisiva, Antonella Clerici, positiva propugnatrice della lotta al disastroso complesso occidentale riguardante la magrezza femminile, altro non attendeva se non anime da rimpinzare e, a suon di circostanziati metatag geografici snocciolati con tranquilla ferocia commerciale, si trasforma nel giro di un secondo da madre di famiglia ad efficace telecasalinga extra-contestuale. A chi di noi non capita di dover ristabilire faticose relazioni familiari proprio nel giorno del Santo Natale, e a cosa può alludere la minuscola parabola dell'accoglienza sotto steroidi se non alla trasformazione dei propri cari in estranei, a causa di soverchianti necessità di lavoro, a causa dell'indebolimento dell'istituto stesso per via di mutati e più contenuti slanci procreativi? La tavolata prosegue nonostante tutto e, a tarpare le ali ad una pulsione al piacere e all'alimento "per se", perfino all'interno del barattolino si cela una proprietà medicamentosa. Ingentilito ai limiti dell'ipocrisia, un umanissimo rutto irrompe nel frame televisivo a segno scandaloso di un'efficace chiave di lettura viscerale utile a chi necessita di un'umiliante pedagogia degli orifizi. Frustrazione di una pulsione giovanile al cambiamento che adombra necessari danni collaterali, il dessert utile alla digestione dell'anziano e del disfunzionale informa i potenziali acquirenti sia di un effettivo plus del prodotto, che della senilità della popolazione nel suo complesso. Antonella sfodererà un cordless sintonizzato con la più vicina stazione della polizia, nel caso in cui alla porta si presenti non uno strafamoso attore comico, ma una vera compagine di svantaggiati. Clandestini costaricani giunti all'uscio dell'abitazione-polis per reclamare il vero prezzo di quei deliziosi frutti giunti alla tavola del consumatore ottuagenario grazie ai motori diesel di massicci aerei da trasporto che fanno la spola lungo la geodetica. Non basterà ricacciare indietro diseredati e càrpi, tornando a masticare carruba per concludere il proprio pasto con la sensazione di dolce. Uno schieramento di armati lungo il confine sparerà raffiche di mitra e lancerà fumogeni all'indirizzo di ananas giganti ormai concreto incubo dell'invasione barbarica, e antonellina, algida combattente impiegata alla cucina da campo, alla vista di un Montesano trasfugo soldato nemico ostenterà non l'esotico frutto, ma una granata a frammentazione, simile a quest'ultimo nella conformazione della superficie, ma decisamente meno indicato per scopi alimentari. </p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-55313730741769856712009-12-04T00:20:00.010+01:002009-12-04T00:37:42.905+01:00Discoteca permanente<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/g6bQFXnL0DI&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/g6bQFXnL0DI&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Gli anni passano, i Natali si ripetono e se tralasciamo il calcolo dei lievi scarti dovuti alla rotazione dell'asse terrestre, secondo quella che viene chiamata precessione degli equinozi, possiamo affermare che la cosa avvenga ormai con una certa regolarità. Figlio d'arte e svenduto alla comicità popolare non tanto per carenza di doti interpretative ma per l'adozione di copioni riduttivi, la copia fotostatica di un grande attore smentisce anche sul brevissimo termine l'ambizione umana della genetica come strumento di controllo del destino degli individui, creando gag destinate non solo a non restare nel tempo, ma anzi dotate di quell'intrinseca obsolescenza che tenta di denudare la comicità e farla diventare istinto di risata riflessa, vacuo trastullo visuale, riproposizione di cliché sfruttati, piuttosto che archetipici, ribadimento dell'ovvio per allentare la tensione di psicologie ormai incapaci della risata armoniosa che riconcilia con i limiti, alla ricerca dell'isterica derisione dello scemo del villaggio ottima valvola di sfogo rappresentata da chi nell'incubo discotecaro maschilista ha trovato habitat e contemporaneamente prigionia artistica sempiterna. Al fianco del vitellone italiano d.o.c. utilissimo a far sembrare meno grezzi tutti i suoi eteronimi all'ascolto, dislocati negli antri extralusso della decadenza da balera estesa a pesantissimo modello di vita 24h, la necessaria preda femminile. Delle labbra sproporzionate e della malcelata complicità con la goffaggine del maschio su di giri resta ben poco, la soubrette, oltrepassati ruoli che l'hanno erosa e sovraesposta abbassandola al ruolo di bambola inanimata, partecipa e si offre alla telecamera lasciando come unici appigli al dubbio, oltre allo sguardo tristissimo, una lettera pubblicata sulla stampa nazionale con la quale ha raccontato una tantum le sue difficoltà per riuscire ad ottenere il permesso di soggiorno in Italia, nei primi anni della sua carriera. L'accento straniero è funzionale all'eterno cinepanettone routinario, l'esotismo di tratti e voce perpetua il marchio di fabbrica di un trentennale manipolo di furbacchioni che fanno umorismo anti-sociale, inneggiando ai vetusti feticci dell'avventura erotica spregiudicata, del carpe diem consumistico, di un finalismo volgare e arrivistico che mette in burla puerili forme esteriori uccidendo di fatto la comicità stessa, capace di ben altra profondità, quando dei buoni autori la scelgono come canale narrativo. Nulla resterà della parata sovrabbondante di ragazze in coreografia che per il loro semplice impatto visivo diventano per forza di cose extra-diegetiche: non ornamento giustificato nella cornice, l'impossibile allestimento di uno spettacolo pedissequamente natalizio, ma al suo esterno, nell'occhio del telespettatore avido dell'attrito della festività sul proprio cuore indurito da tutto il resto della propaganda. Esempio di grottesco inconsapevole, questa falsa vitalità al limite dell'isteria abbandona lo spettatore ad una scelta sbrigativa: affezionarsi ad un modello di istrione antitetico disastrosamente carente, oppure augurarsi che la caduta fuori campo sia provvidenzialmente avvenuta su un pietrone nascosto dalla neve, causando al personaggio una commozione cerebrale che gli impedirà di performare negli spot successivi. Ma dicembre è ancora lungo, la macchina proseguirà e prima o poi la donna verrà conquistata, baciata, dimenticata, in favore del prossimo fronte di mercato.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-31516418031277253352009-12-02T09:04:00.008+01:002009-12-02T09:34:21.989+01:00Sky or die<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/PDWlx2IsGTc&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/PDWlx2IsGTc&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Ormai lo sanno tutti, ormai anche il telespettatore più distratto, il provetto elettrotecnico tutto intento nelle sue saldature che ascolta soltanto l'audio televisivo senza badare alle immagini, si è reso conto di una qualche nuova perniciosa rivoluzione in arrivo. Ci sembra di vederlo accendersi un Avana con una banconota da 500 euro, Rupert Murdoch, con le scarpe sulla scrivania e un capannello di esperti di comunicazione che cercano di convincerlo di un ulteriore, delirante spin-off della martellante campagna di comunicazione tesa ad avvertire e persuadere gli ascoltatori della necessità di un abbonamento al nuovo servizio ad altissima risoluzione. Ormai nauseato, di certo lui stesso accetta qualsiasi cosa gli venga proposta, minacciando semplicemente che se le vendite non aumenteranno qualche testa cadrà, prima di togliersi l'accappatoio e tuffarsi fisicamente in un mare di valuta pregiata. E così, ancor prima che scattasse Dicembre, un nuovo ossessionante spot di Sky invade l'etere. La vastità dell'audience impone di rifuggere da simboli religiosi, lo stesso Santa Claus, territorio proprietario di The Coca Cola Company, deve essere lasciato in pace. Appaiono generici tratti paesaggistici innevati, fauna boschiva imprudentemente allettata dalle propaggini del marketing umanoide, pittoreschi pupazzi di neve inquinata e una moltitudine di minuscoli gnometti utili a far risaltare l'enormità del monitor necessario a fruire del segnale High Definition. Ma quello che infastidisce di più è la tormentante voce bianca che con l'indefessa caparbietà di un cantante olimpionico ripete un blando motivo natalizio facendo vibrare la propria ugola non meno dei nervi auditivi degli ascoltatori. C'è da augurarsi che possegga almeno parte delle royalties di quella maledetta registrazione, che ci si possa pagare un ottimo appartamento nel campus universitario una volta sopravvenuta l'adolescenza, o che almeno abbracci la classica vita dissoluta da star prematura, fatta di droga e sesso mercenario, conversione a Scientology, disintossicazione, depauperazione e auto-annichilimento. Per il momento il suo compito ineluttabile è di lanciare lo spot come un giavellotto che centra il senso d'inferiorità di tutti i non-HD, per un Natale della diseguaglianza e di un adombrato upgrade tecnologico che coincida con il rituale della santificazione del consumo. Il tempo fugge, se tutti voi non acquisterete subito il servizio, Rupert guarderà sconsolato i grafici delle vendite, licenzierà i suoi art director, e ne assumerà di nuovi e più agguerriti, già nella seconda settimana di dicembre. Dal jet privato confermerà con noncuranza qualsiasi cosa gli venga proposta, buttando giù un whisky on the rocks, tra una telefonata a un capo di Stato all'altro, determinando quale nuova ammorbante non-tema debba essere dato in pasto alle masse. Comprate questo maledetto HD, o quando sentirete bussare alla vostra porta non stupitevi di vedere l'angosciato vegliardo, munito d'opportuna divisa da tecnocrate maoista a collo alto, entrare nel vostro salotto con un manipolo di teste di cuoio a chiedervi sadisticamente perché non possediate ancora un monitor HD, eppure lui vi aveva avvertito, dirà spegnendo il sigaro sulla vostra foto di famiglia, e alzando un sopracciglio permetterà la vostra liquidazione auspicandosi che il delitto abbia ampia risonanza sull'opinione pubblica. Che sortista quell'effetto reclamizzante definitivo inseguito per tutta una vita nelle sue notti insonni. Non più immagini e motivi musicali, ma piombo, direttamente nella vostra scatola cranica, l'arma di convincimento finale e fronte bellico-commerciale attualizzato, il consiglio per gli acquisti calibro .9 purtuttavia ancora incapace di interagire con i costrutti metafisici dei quali potete dotarvi, già da adesso, e per sempre. Sky or die.</p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8542424128011476207.post-39319348760115629452009-12-01T15:18:00.002+01:002009-12-01T15:27:29.556+01:00Favola non contagiosa<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/Q6uNlPwSDXc&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/Q6uNlPwSDXc&rel=0&showinfo=0&iv_load_policy=3'/></embed></object></p><p>Dato che qualsiasi area del mercato si vede costretta all'opportuna reclamizzazione, l'utilizzo sfrontato di questa pratica barbara vede perlomeno assoggettata anche la comunicazione sociale alle stesse regole, in bene e in male. Decimati da incidenti stradali e abuso d'alcool, i cittadini hanno modo di osservare quel pupazzetto in voga tanti anni fa, riesumato dalla fantasia a corto di argomenti di qualche paludato pubblico ufficiale, tutto intento a dispensare consigli su come proteggersi da un pericoloso morbo. Dopo un primo spot, siamo già ad un prematuro sequel, causato da un evidente flop dei saggi consigli dispensati dal roditore di gommapiuma: non di morti per influenza A c'è stata la carenza, ma di un sufficiente appeal del testimonial. Nonostante gli sforzi del doppiatore, e delle animatrici in nero cancellate per mimesi dalla visione sullo sfondo, il pubblico "sprovveduto" non ha ancora compreso a dovere la necessità di acquistare questo nuovo prodotto, e di prodotto si parla necessariamente, nonostante si tratti di un vaccino. Perché qualcuno ci sta guadagnando. Perché altre cause di morte e malessere, ben più radicate e devastanti, passano sotto silenzio nei canali mediatici. Di qui la necessità di un messaggio di rinforzo. Gigio, strappato dall'antica sceneggiatura che lo vedeva libero e spensierato interloquire con il mondo degli umani, costretti ad accostarsi allo sfondo del teatrino per permettergli di essere correttamente contestualizzato dal punto di vista visuale, è sceso in campo, e piazzato in una specie di ufficio dell'USSL in miniatura si dibatte come un qualsiasi altro impiegato statale, armeggiando con attrezzi da bricolage, grafici e una scrivania computerizzata, macabro ritorno di fuoco simbolico destinato a provocare nello spettatore l'aggancio mentale al mondo della burocrazia, del lavoro, del dovere istituzionalizzato. Con quella vocetta sottile, apparentemente rubata a un Luciano Onder che un dj ha deciso di far girare a 45 invece che a 33 giri, il povero topo irregimentato non riesce più a trasmettere alcuna verità sotto forma di favola, e si ritrova quindi costretto ad un nuovo umiliante ruolo di pezzo di realtà mascherata da favola, memore dei personaggi Disney che maltrattano Hitler nella propaganda anti-nazista degli anni '40, proteso a dispensare consigli, a snocciolare cifre e impatti della pseudo-pestilenza ad ascoltatori annoiati. L'adulto prenderà sottogamba questo pubblico ufficiale di pezza, il bambino potrà al massimo capire il linguaggio non verbale del personaggino, disposto per un attimo a diventare raggelante cheerleader della minaccia batteriologica portando una scala triangolare sopra al capo a mo' di lettera capitale. Anche un bambino lo capirebbe, attraverso quei minacciosi geroglifici che sono le parole ed i neri caratteri che enumerano patologie e funesti promemoria di future disgrazie, che la bontà del topino si è prostituita a qualche volontà superiore, sadicamente intenta a fare business sulla paura. Premiata dall'indifferenza, l'audience, per una volta tanto, non è stata disposta a cedere alla persuasione, migliaia di ampolline contenenti il balsamo salvifico restano nei loro contenitori, mentre di tanto in tanto alcuni medici si affacciano imbarazzati al riquadro televisivo per spiegare, tranquillizzare, ma comunque ricamare con grande professionalità sul grande sottointeso di una concreta minaccia alla nostra esistenza. Noi, futuri morti di incidente stradale o di disguido sul luogo di lavoro, mettiamo la peste accanto ai surplus merceologici, i biglietti d'auguri con suoneria incorporata, i copricellulari in gomma, i preservativi profumati, le promesse elettorali. Salvati dal nichilismo, una volta tanto, perderemo l'occasione di una dipartita alla moda, restando incatenati alla routine. </p></div>tvsintegrohttp://www.blogger.com/profile/10498489569949649970noreply@blogger.com0