05/02/10

Reach out and touch pain

Le pubblicità personalizzate che campeggiavano sui megascreen rivolgendosi direttamente al singolo passante non esistono più solo nell'immaginario cyberpunk raccontato dal Minority Report di Spielberg. Il product testing suggerito all'ascoltatore viene esercitato, da un punto di vista formale, tramite un verbo all'imperativo, e sembrerebbe non lasciare molte alternative se non fosse che "provare" implica di per sé l'eventualità di un insuccesso, in agguato per chi non fosse in grado di praticare il fondamentale meccanismo della respirazione, magari a causa di un insufficiente coordinamento psicomotorio, o perché confinato nell'angusto spazio di un polmone d'acciaio da tragiche fatalità. Il provvido suggerimento sembra nascere da sé, pregno della sua validità educativa, in un luogo e per un motivo imprecisato: la scarsissima profondità di campo dell'inquadratura confonde l'anello della visione periferica che potrebbe darci qualche indizio sul contesto del monologo, e non bastano spalline candide riconducibili ad un camice, al limite inferiore dello schermo, per confermare inequivocabilmente che dietro a quel seducente viso di donna si celi un vero medico, che sarebbe vincolato, pur nella finzione pubblicitaria, all'onestà delle proprie affermazioni dal giuramento d'Ippocrate. Anni fa un'indagine espose l'intera categoria all'imbarazzo portando alla luce la pratica diffusa dell'evasione fiscale: sarà per questo che non è più in auge declamare in pompa magna che il prodotto è raccomandato dall' Associazione Medici Dentisti Italiani? Più probabile che l'intento di quello sguardo che non si stacca per un attimo da quello del telespettatore sia di tirare in ballo un'istituzione ancor più potente, la coscienza parasintomatica del ricevente, per una volta tanto messo in grado di sperimentare in prima persona, più che gli esiti del banale atto diagnostico suggerito, la soddisfazione di poter accedere all'intero ciclo di bisogno ed acquisto perfettamente giustificati . All'accuratezza pittorica del ritratto emotivo dell'emittente materiale del comunicato, caldo, ravvicinatissimo, eppure impersonale, segue il doveroso cliché dell'esemplificazione in computer graphics. Per il semplice fatto di mostrarci i veri responsabili del dolore venuto dal freddo, perpetrando un "viaggio allucinante" all'interno del nostro corpo, la frastornante biopsia ci espone indifesi alla novità dell'ignoto. A rendere ancor più inesorabile questo manifesto del determinismo ci viene denunciato il nome degli organelli deputati ad infliggerci sofferenza, un misto di latino e raccapricciante diminutivo che, mettendoci per un attimo a contatto con l'esoterismo della terminologia scientifica, ci costringe a ricordare la nostra vita clinica passata, o a temerne una futura. Mentre ancora battiamo i denti, il packaging sobrio del presidio medico fa la sua comparsa e ci avvince, pazienti allarmati che scavano in un cassetto pieno di antibiotici prescritti da un medico di base facilone, necessitiamo di una scritta segnaletica extrabold più che di colori accattivanti, e ci aggrappiamo alla certezza finale: il preparato medicamentoso fa e garantisce, anche in tutti i casi in cui l'imperizia o l'ipocondria ci abbiano giocato brutti scherzi. Non c'è alcun rimando ad un'autorità esterna, e in fondo quasi ci dispiacerebbe essere esclusi da questa opportunità curativa che è anche esaltante pratica d'autocoscienza. Varrebbe la pena d'acquistare comunque il prodotto, anche in assenza della sintomatologia dolorosa, o come minimo siamo tenuti a tentare e ritentare lo stimolo ai nocicettori nascosti, soffiando ossessivamente come felini sull'orlo di una crisi di nervi, spinti a cercare il prezioso appagamento di una soluzione, a costo di inventarci il problema per un conclamato fenomeno di pareidolia.

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