18/09/08

Punk '87

La sensazione tattile che dà un chilo di freddo petto di pollo è qualcosa che sembra non avere paragoni in natura. Le buone intenzioni che ci animano nell'istante in cui la nostra scelta ricade su questo tipo di fonte di proteine più salutare di altre si misurano con il salutare distacco che riserviamo a quello che in fin dei conti è il risultato di una vita biotecnologicamente controllata: cibo rosaceo mediamente insapore. Le buone intenzioni del sogno collettivista della Coop spingono la regia agli accostamenti di lifestyle più azzardati per rassicurare circa l'eterogeneità del contesto sociale al quale è verosimilmente lecito appartenere per potersi sentire parte del progetto Coop. Dal coltivatore diretto munito di un tascapane con il brand della cooperativa, al giovane skater dal viso acqua e sapone, occupato a migliorare le proprie capacità acrobatiche e a contorcere sempre più i caratteri della sua tag, rimanendo quindi un innocuo elemento della società, la carrellata umana descrive il suo climax passando dall'istituzionalità del tricolore all'ineluttabile individualismo del fiore di loto, per concludersi con un clamoroso tonfo nell'improbabile figura del commesso cantante. Un organismo che ha trovato nei battibecchi scatenatisi nei reality show la linfa vitale delle sue ambizioni, temporaneamente confinate nel un candido corpetto di un camice lavorativo, e che giunge all'apice del suo vissuto ancheggiando sulle note della reinterpretazione di un brano che già di suo sembra una parodia, un generico inno alla speranza che non punta il dito contro nessuno e vince un Festival di Sanremo, nel 1987, durante il quale venne annunciato in diretta il decesso di Claudio Villa. L'iconografia della campagna Coop, descrivendo la realtà circostante come un radar che gira all'impazzata, prima o poi coglierà nel segno catturandovi nel suo immaginario, che voi siate punkabbestia o primi cittadini, insidiando la vostra libertà di poter pagare un oggetto più del dovuto a causa del ricarico reso necessario dal marketing sfrenato, divenuto a sua volta il misto di intrattenimento e informazione che chiamiamo pubblicità, ossessionandovi con l'ingenuo entusiasmo di un casting virtuale che altro non maschera se non una reale segmentazione di mercato che desidera a tutti i costi proiettarvi nello schermo per farvi sentire a vostro agio quando allungherete la mano sull'approssimativa quantità di un chilo di petto di pollo silenziosamente incamerato nello sterile lucore del banco frigo.

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