Per parlare di questo spot può bastare una critica di massima, e potrei evitare un semplice elenco di obiezioni alle varie trovate che vorrebbero essere pennellate in una sorta di dipinto fantasy dove realtà e fantasport si incontrano, ma che per il solito meccanismo di proiezione dell'ascoltatore nei protagonisti di uno spot, ci riduce a un esercito di servili clienti senza idee che corrono verso l'omologazione del proprio concetto di tempo libero bussando la porta al grande assente visuale di questo spot, cioè, nell'inversione del ruolo fornitore/cliente, il temporaneo oggetto del desiderio. Nel meccanismo, sempre un po' brutto, del principio d'autorità comunicativo incarnato dalla semplice presenza di un testimonial, che fa scattare automaticamente in noi un primo moto di sorpresa che non nasconde altro se non uno svilimento dei confini della propria identità, si innesta il giochino ormai ampiamente sfruttato del porre il testimonial in una situazione di vita quotidiana che per pochi secondi gli fa perdere i gradi, rendendocelo simpatico, mostrandoci, per quanto in un dietro le quinte volutamente artificioso, un suo lato umano apparentemente inconiscibile e inesplorabile. Laddove nel meccanismo del gossip puro l'impianto drammatico assodato è diverso (l'invadenza dell'intervistatore che trova il suo unico limite nello schernirsi dell'intervistato, il voyeurismo degli scatti ottenuti con il teleobbiettivo o costati qualche livido al paparazzo di turno), nello spot di sky svariati testimonial, con un senso di opulenza che in questo senso non ha precedenti, creano una situazione surreale ma al tempo stesso danno una faccia a un cambiamento diffuso avvenuto negli ultimi anni. Nello spot tutti i protagonisti dello sport sgomitano pur di entrare nel nostro salotto. Nella realtà l'omologazione sta cambiando i suoi canoni, le sue tariffe, i suoi costi e i suoi effetti, e utilizzare una nuova fonte mediatica diventerà normale, mentre non farlo diventerà un'azione antisociale. A me inquieta l'assenza di anche un solo cliente in questo spot. Città spopolate, per quanto apparentemente ridenti e dall'architettura di borgo medievale, sono invase da atleti che non sono altro che sprite inquietanti in un videogioco programmato da Murdock e nel quale i veri giocatori paganti sono ormai anche scomparsi come icona pittoresca della casalinga/mamma amorevole, del marito medio italiano furbetto, della bestia antropomorfa parlante, delle molecole di detersivo che si infiltrano in un tessuto in una zoomata esaltante, e nel quale appare un piccolo "Piero Angela" in versione commerciale. Se darsi una faccia è impossibile, ne avremo sempre una di ricambio spalmata sul televisore.
12/09/08
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