21/10/09

Posterior hoc, ergo propter hoc

La presenza di un concept non completamente asservito, non completamente bigotto, non completamente consequenziale fa sfrigolare per qualche secondo la nostra immaginazione assetata di forme più evolute di comunicazione: il nonsense, la parodia, la satira. Non viene neanche da cercare la corretta definizione di queste forme espressive nel fidato Devoto Oli che teniamo ad impolverare nella libreria: già che sia qualcosa di diverso accende una malriposta speranza nel fondo di anime avvilite da megafoni che urlano messaggi non solo invariabilmente manipolatori, ma anche poveri a livello lessicale, indecisi pure nella negatività dei valori che propugnano, annoiati di quella noia che ha il carnefice incapace di suscitare ancora reazioni nella vittima già defunta. Una colonna sonora struggente accompagna una consistente slowmo, creando un'atmosfera drammatica, e fin qui tutto bene, se si trattasse di una delle solite pubblicità progresso pietiste. Ma il cameraman sembra impazzito o impegnato in una vendetta personale nei confronti del regista: degli operai, impiegate, casalinghe, famiglie e sportivi viene mostrata solo una parte, in modo morboso e con una bravura raccapricciante. Ci vengono sottratti i visi, in questo lungo piano sequenza dalla tensione elegiaca, ci viene proposto il sedere di una corpulenta madre di famiglia in un vestito nero degno dell'anteguerra pigmentato con motivi floreali bianchi, pattern tristemente efficace nel far intuire le rotondità della malcapitata per la perfetta mappatura tridimensionale restituita allo sguardo. È ormai evidente che non vedremo altro che deretani e che l'orchestra assoldata per questa presa in giro sia composta da maniaci che non si sono persi nemmeno un film di Tinto Brass, regista noto per le sue preferenze anatomiche. Lo speaker interviene con voce istituzionale, determinato ad intrecciare un'imbarazzante interazione con l'ascoltatore. Il quesito su quale sia il pensiero fisso dell'azienda viene sospeso sull'inquadratura del posteriore più atletico a disposizione, quello di chi, forse, cerca di ridurne le dimensioni grazie ad una strenua attività fisica. Per lunghi secondi è impossibile non pensare all'associazione d'idee sbattuta sul teleschermo come una braciola sul tavolo del macellaio. Ma Divani & Divani riesce a peggiorare la situazione con una comunicazione incrociata: formato chiaramente un pensiero volgare nella mente dello spettatore, ne dichiara un altro, esprimendo fedeltà al cliente, con un rispetto delle forme che a questo punto non può più pretendere d'evocare complicità. Ricordate il Sergente Hartman? "La vostra anima appartiene a Dio, ma il vostro culo appartiene al corpo dei Marines". O a Divani & Divani. In una sorta di giardino d'infanzia molto esclusivo osserviamo attoniti soggetti profondamente maleducati mentre stanno a pasticciare con rudimentali meccanismi logici. Per strapparci un sorriso, per affibbiarci un malsano ricordo, per inscenare finte sottovalutazioni che si dimostrano essere vere e proprie consacrazioni. Se il teleschermo propone una parte per il tutto, noi saremo il tutto per una parte: peggiorati dallo sdoganamento di un'idea volgare, ci presenteremo numerosi ai rivenditori, assestando manate al sedere di povere commesse sottopagate, fischiettando qualcosa di Ennio Morricone, ridendo sguaiatamente e sfracellando intere sezioni d'archi per farne un'opera d'arte moderna nello stile di Arman, sghignazzando come veri porci con le ali, aviatori dell'inconsistenza pubblicitaria sfracellati sul mercato, kamikaze armati di portafoglio che cercano di intuire correnti ascensionali fatte di parole per calare sull'obiettivo con la massima velocità possibile.

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