Metto lo spot nel congelatore in assenza di ispirazione, e mi domando cosa potrei mai rimproverare ad un team dedito alla coltivazione di un prodotto naturale, probabilmente nel rispetto dell'ambiente, e che propone un'immagine tutto sommato poco artificiosa e legata al concetto di potere dal basso e all'identificazione di un salutare rapporto tra produttore e consumatore. Poi l'idea arriva proprio mentre mi ritrovo a staccare un bollino appiccicoso dalla mela destinata a diventare la mia colazione, e mentre mi fermo ad osservarlo nel sacchetto che utilizzo per raccogliere la carta, una minuscola virgola di cellulosa che va a depositarsi ininfluentemente accanto a due voluminosi cartoni della pizza. E allora mi rendo conto che il giovane scavezzacollo dal viso sincero ha davvero perso il suo tempo a brandizzare zelantemente quell'innocente mela con un guizzo da stuntman, e le 5.200 famiglie della Val di Non diventano, nella mia immaginazione, soltanto una torma di schiavi egiziani che trascinano blocchi di granito per costruire una piramide al vertice della quale invece del Logos ultraterreno splende il valore del Logo, il segno distintivo che permette ad ogni risorsa naturale di essere proprietà di un copyright genetico e di sospingere la brutalità del mercato anche tra profumati filari di melo. In attesa di prodotti ortofrutticoli che una volta cresciuti mostreranno direttamente il logo dell'azienda sull'esocarpo grazie a una sapiente modifica del dna, il controllore iso 9002 di Melinda, la giovane ragazza longilinea attrezzata di mountain bike, sorride glaciale e soddisfatta nel verificare la schiavitù semiologica dell'uomo, che si lascia condizionare da un logo anche circa la bontà di un sapore, e che preferisce veder il captcha della bontà di un alimento compilato automaticamente da un brand aziendale piuttosto che fidarsi dei propri sensi primevi. Anche se il riconoscimento del logo potrebbe essere vitale per distinguere un flacone di lubrificante per motori da una bottiglia di olio d'oliva alimentare, la disperazione del bollino su un prodotto già di per sé perfetto come una mela, proprio il frutto che è riuscito a portare lo scompiglio satanico fra le pagine dell'Antico Testamento, riscattando l'umanità dalla sudditanza ad uno status quo paternalistico e introducendola ad oneri e onori del libero arbitrio, mi induce ad un moto di ribellione e ad augurare al riccioluto ispettore di qualità di finire la sua esistenza in un crepaccio, mentre gli operai intoneranno un Va' Pensiero dal senso più biblico che politico.
23/11/08
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