01/11/08

La guerra dei tonti

Se un alcolico da accompagnare a succhi di frutta ed altre bevande dolci ha il sapore della condivisione e della festa, se una birra rappresenta la sostanza ideale per dare pennellate di disinibizione a una serata di movimento e se il buon vino garantisce il gusto più adatto da abbinare ad una cucina composita, statisticamente legata ad un contesto familiare, il bicchiere d'amaro fa invece la sua comparsa in un momento più malinconico della serata, quando l'assuefazione spinge ad alzare la posta in gioco e a dare sonore batoste alla propria lucidità per sprofondare, come sotteso dallo spot di Jagermeister, ma con risultati diversi dall'episodio inscenato, in dubbi esistenziali che attanagliano soprattutto l'uomo maturo che sente messa in crisi la propria virilità, spingendolo ad un goffo tentativo di esternalizzazione del problema. Senza andare troppo per il sottile, una giovane donna, dal viso che si presta ad una descrizione decadente della bellezza e della seduzione, appare come teletrasportata sul pianeta Terra da una civiltà aliena determinata ad impossessarsi del bicchiere d'amaro retto proprio dal semiquarantenne appostato al bancone in, ahimè, non dolce compagnia. Il bersaglio psicologico di questo spot godrà nel vedere concretizzato un innocuo stratagemma femminile da epoca vittoriana, lo svenimento come pretesa d'attenzione, sublimato in un sontuoso movimento al rallentatore, e al quale segue il doveroso intervento del maschio che prodigiosamente deresponsabilizzato dalla fatica del corteggiamento può finalmente mettere in atto un pragmatico atto di cavalleria valevole come biglietto da visita per un primo approccio con la bella sconosciuta. Ma visto che evidentemente c'è un prodotto da vendere, si rivela il doppiofondo dell'intenzione così deliziosamente femminile, e la sostituzione simbolica del povero imbranato con un opaco bicchierino di Jagermeister, il composto chimico che la civiltà extraterrestre utilizzerà per ricostruire il suo pianeta. Ottenebrato da una fila di amari, il giovane aspirante fallito se lo domanda veramente dov'è il perché della sua solitudine e sceglie come ultimo rimedio non un prodotto, non una sensazione, ma un fonema: il nome della marca che potrà esclamare al barista come illusorio scongiuro contro la malasorte, mentre di lontano occhieggiano fotomodelle di passaggio che potrebbero essere abbordate con buoni argomenti di conversazione o conti in banca infinitamente più consistenti del suo. Jagermeister non crede al caso e per catturare il suo triste consumatore manda un drone che si tuffa direttamente nella sua libido ingrigita. Un peccato che a mille altri possibili plot più romantici e veritieri sia stato preferito questo stilema misogino e materialistico, ma è anche vero che non si poteva pretendere molto di più: questa era l'idea della staffa.

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