25/11/08

Udite udite

La stanze nelle quali si fa video-sync solitamente non hanno un buon odore. Attrezzate con console che permettono di navigare un filmato su un jog circolare, l'impronta olfattiva che assumono è un misto tra l'artificiosità dei materiali insonorizzanti di cui sono internamente ricoperte e la stratificazione della condensa del fiato degli operatori che vi trascorrono notti di tregenda per rispettare deadline impossibili. A questo fa pensare il bel quadretto di vita della sosia di Sarah Jessica Parker, avvolta in tailleur grigiastro e proiettata verso una faticosa attesa causata da un provvidenziale disservizio areonautico. La sapienza di violoncellisti eruditi sui legni che compongono le casse armoniche dei loro strumenti e che fanno scaturire note rassicuranti per affrescare le spoglie pareti di un aeroporto, assieme alle pizze a domicilio masticate dagli operatori audio video nella sala di montaggio, hanno come destinazione l'unica fessura disponibile nelle personalità sfiancate degli spettatori, l'interstizio tra noi e il mondo che non siamo educati a chiudere e che va a sostituire una vera affettività: l'emozione. Inaccettabile sentirsi unicamente un fardello trasportabile così come un qualsiasi altro pacco postale, dispersi in uno spazio d'agorafobia e temporanea militarizzazione dei comportamenti, quello che di istintuale resta in noi allunga un arto per scavare in un luogo nascosto e dissotterrarne una preda già vinta e opportunamente conservata, e poco importa se allo sgranocchiare ossa per acquisirne sali minerali si sostituisce il suono di un alimento che fa anche dell'udito un ingrediente della preferenza accordatagli. Ed ecco che la fantasia diventa realtà, anche gli sconosciuti ci sorridono e per un momento diventiamo protagonisti nel video, anche se soltanto della televisione a circuito chiuso degli analisti di mercato. Con pollice e indice sul potenziometro del volume, l'operatore dà un tocco di esagerazione alla frenata del carrello diventato ludico mezzo di locomozione, scegliendo la vera frenata di un'automobile e giustapponendola con precisione allo scorrere delle immagini. È dipinto così bene che è più vero della realtà. Pavesi paga sottobanco terroristi islamici per versare zucchero nei serbatoi degli Airbus. Il primate utilizza per la prima volta un femore come arma di difesa dopo aver toccato il monolito. Lo spot viene confezionato e recapitato telematicamente ai committenti, e nella saletta la finestra viene lasciata socchiusa per un ricambio d'aria, a computer spenti.

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