La doppia reduplicazione dello slogan di Maina andrebbe scritta su tutte le autostrade dove, in una corsa per le feste natalizie che permette alle famiglie di avere ancora una parvenza di unità, il fondo stradale sdrucciolevole rischia di far perdere aderenza alle autovetture per via delle precipitazioni nevose. Ma se il breve motto va ancora ancora bene, zitte zitte le immagini propongono un'umanità affannata dagli eventi alla quale, raro caso di critica sociale per quanto blandissima, l'azienda produttrice suggerisce di rallentare di un po' il fuoco di fila della dilapidazione dei beni. Tutto questo andrebbe bene, salvo che siamo sempre all'interno di uno spot, luogo in cui anche il valore della ponderatezza viene mercificato per suggerire l'acquisto di un panettone piuttosto che un altro, difficilmente in grado di trasferire la lentezza della sua peculiare lievitazione all'inevitabile accavallarsi degli eventi nel rush finale dell'accaparramento natalizio. Per passare questo messaggio contraddittorio vengono inviati dei Babbi Natale con contratto a progetto, pescati forse direttamente tra gli operai della produzione, personaggi che, eterogenei per sesso, razza e religione, sembrano pattinare magicamente a tre centimetri da terra muniti di buffi colbacchi e doverosi abiti in poliestere da cantanti gospel. Spicca la sister in prima fila, che si può giurare abbia il ritmo nel sangue, anche se le labiali sono quasi tutte clamorosamente fuori sync. Se il gospel può andare bene per un panettone, visto che nel nostro Paese viene accettato e praticato a tempo perso in quanto comunque confinante con il culto in pole position, suggerirei l'uso di canti gregoriani annotati su tetragramma per celebrare il più austero torrone, un preparato per cui bisogna aver buoni denti e la costanza di veglie antelucane per salmodiare criptiche orazioni. Se si può concedere che la religione entri negli spot pubblicitari, attendo pazientemente spot a sfondo islamico con fiumi di latte e miele destinati a farcire un cioccolatino, reclàme buddhiste con cannelloni ripieni che vengono fatti girare come cilindri da preghiera, pubblicità ebraiche in cui al posto dell'agnello, in olocausto, si offre una colomba pasquale, consigli per gli acquisti della Church of Euthanasia in cui il testimonial, dopo aver presentato il prodotto, lo tranghiotte per intero soffocando e quindi suicidandosi per salvare il pianeta. Gli spot natalizi italiani, persino quelli di biancheria intima, trasudano una devozione per il mainstream che dimostra come un immaginario collettivo che si limiti a fotocopiare una società sia già un immaginario collettivo arretrato.
18/12/08
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