15/01/09

1780 Hz

Incapace di esprimersi. Difettato. Impaurito e inattivamente seduto. Femminile. È davvero un'immagine speculare quella che, volendo seguire la metafora costituente suggerita dal nome di questo progetto, viene cucita addosso all'alfiere dell'intelligenza e della curiosità per la conoscenza a scapito della propria sicurezza e del proprio benessere incarnato da Odisseo. È encomiabile che qualcuno si occupi della sofferenza di chi non ha più i mezzi per far fronte alle proprie contraddizioni. Ma ben altra cosa è il sentore di colpevolezza che non è difficile sentirsi addosso laddove si pecca nell'omologarsi ai dettami di una psichiatria che, dovendo assumersi le responsabilità proprie di una manifestazione della classe dirigente, deve far quadrare il cerchio ed è obbligata a portare ad un compromesso due entità inconciliabili: individuo e normalità. I sintomi della depressione leggera sono tali e tanti che chiunque non sia nato e vissuto a DisneyWorld credendo che rappresentasse l'intero mondo conosciuto, alla stregua di Siddharta Gautama prima dello scoccare dei suoi 29 anni, rischia all'improvviso di trovare una pericolosa scappatoia ai propri dubbi esistenziali. Se riusciamo a vedere il male come qualcosa che ci influenza ma che è al fuori di noi, allora è concepibile una guarigione. Ma se quel male è una parte della nostra individualità, e ce ne priviamo per diminuire di un po' la frequenza del nostro battito cardiaco, un'assenza grigia e sottile peggiore di qualsiasi sofferenza ci accompagnerà per tutta la vita come ritornello ossessivo in una trasmissione televisiva che ha avuto troppe riedizioni, perché è probabile che la sofferenza psichica sia un segno dell'inefficacia dell'anestesia profusa a larghe maglie dagli strateghi del consenso, e che chi riesce a trovare una risposta ad ogni domanda sia in realtà un individuo meno simile all'uomo di quanto lo siamo noi, e abbia incontrato, lobotomizzandosi, meta e morte dell'anima: l'abbruttimento della felicità. Una felicità colma di prodotti ed eventi insignificanti, di rapporti interpersonali standardizzati secondo il feedback ingenerato da un workflow industriale che nella modifica dei comportamenti cerca nuovi spazi di mercato, dando in pasto al pubblico mode, notizie, paure e personaggi innalzati agli onori della cronaca senza aver utilizzato punti d'appoggio, svilendo il senso critico, portando alcuni individui ad autoconsiderarsi disfunzionali proprio quando sono l'unica manifestazione di una intelligenza collettiva che sta aspettando un futuro ancora troppo criminale per la morale sua contemporanea, che vorrebbe trafiggere schiere di Proci in camice bianco e mantenere la purezza della sua feconda contraddizione, ma si trova come l'arciere Arjuna, per eccessiva precisione della mira, a vedere solo il particolare a scapito dell'insieme. Quelle parole mancanti sostituite da una sinusoide a 1780 Hz, per quanto mi riguarda, non rappresentano l'incomunicabilità dell'individuo, ma la censura che ogni status quo cerca di perpetrare in eterno per salvaguardarsi.

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