Laddove Nietschze in un suo aforisma elogiava il pensiero del suicidio, perché aiuta a superare più di una nottata, Fox cerca di dare una chiave di lettura allegorica al malessere dell'individuo incapace di trovare un senso alla sua inutile esistenza di colletto bianco. Il gesto sbarazzino dell'uomo riadattato al costume sociale corrente e incanalato, per eccessivo senso di solitudine, nel divertimento di massa, mi provoca letteralmente i conati di vomito. Di tutto si ha bisogno nella vita, e quindi anche dell'effimero, ma che un'entità multinazionale si arroghi il diritto di cercare di cullare l'individuo ritrovatosi, per dato biografico o per endogeno cortocircuito spirituale, a fare i conti con il nulla e i sentimenti di autodistruzione, mi fa correre un lungo brivido di disapprovazione lungo la schiena, e mi fa ripensare, per via del coro di bambini, dei tetri scenari urbani e della chiave demagogica all inclusive che cerca di sintetizzare ogni classe sociale in una carrellata iconografica dal gusto un po' retrò, alle geniali riletture satiriche di Monty Phyton, e alla competizione de Il Borghese più imbecille dell'anno, una gara atletica di fantasia al termine della quale il vincitore più rappresentativo del ceto medio pone invariabilmente fine alla sua esistenza sparandosi un colpo in testa, per venire poi issato sul podio già opportunamente incamerato nel suo feretro. Le controfigure volano e terminano la loro corsa sulla rete di sicurezza arancio che la pay tv incarna; come tanti ignari tuffatori di Paestum danno simbolicamente delega a Fox sulla gestione una parte del loro esistenza, restando in attesa che lo zapping regali loro una qualche esotica varietà di fiction che possa distrarli da una quotidianità seriale che toglie l'opportunità di argomenti di conversazione condivisi e ha bisogno di protesi di socializzazione per non indurre senso di abbandono nelle masse. Il distacco dal monolitico edificio del dovere e del grigiore può esprimersi unicamente in un salto che porta alla distruzione o all'omologazione. Stremati, alla fine di una giornata che ha monopolizzato la nostra mente con ingerenze settoriali di un meccanismo nel quale non possiamo cogliere il disegno generale, sprofonderemo in una delle tante poltrone che altri individui hanno freneticamente ideato, coreografato, architettato, studiato e modificato in base ai nostri gusti, lottando tra di loro con leggi ancor più spietate e sfrenatamente concorrenziali delle nostre, in quanto rivolte a carpire le sottili ondulazioni dell'immaginario collettivo, in una sfera dove tutto è opinabile e il capriccio del potente può determinare il condizionamento mentale di miliardi di sudditi/clienti collegati con un cordone ombelicale alla sorgente di stimoli e linfa morale comunemente chiamata televisione. Provate a non credere più alle prodezze di CSI o alle supercazzole farmacologiche del claudicante Dottor House e a smettere di sognare un sogno condiviso e il morbido telone di Fox scomparirà presentandovi un muro d'asfalto in corsa verso di voi con accelerazione di 9,82 metri al secondo quadrato. Additati come l'asociale, il pazzo o il mostro qualcuno si prenderà la briga di ricondurre la vostra personalità deviata ad un necessario errore statistico e posizionerà il vostro cadavere sfracellato nel punto più basso di una campana gaussiana al vertice della quale può collocarsi soltanto chi ha deciso di fare gruppo ed è totalmente asservito al pensiero dominante, e annuendo meccanicamente come una statuetta infissa in un meccanismo d'orologio sancirà la vostra esclusione con lugubri rintocchi a morto.
19/01/09
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