20/01/09

Igiene mentale

Nel laboratorio in cui Johnsonn & Wax studia i comportamenti umani per migliorare il marketing dei suoi prodotti, vive una cavia alla quale è stato dato persino un nome proprio, semplice, rapido e cacofonico, Sara, che al termine di ogni esperimento, illusa di avere una via di fuga come Dustin Hoffman ne Il Maratoneta, implora libertà battendo con le nocche su un vetro blindato antiproiettile. Capigliatura da bambola e maglioncino dal colore convenientemente caldo, Sara si stupisce della bontà del prodotto con l'esclamazione esagarata di chi deve convincerci della sincerità della sua reazione nell'arco di una frazione di secondo. Esposto il prodotto, viene nascosto il sotterraneo nel quale, come in un complesso di ricerca dedito alla vivisezione, le nostre entità psicologiche vengono analizzate e stimolate in attesa di scandagliare le nostre reali reazioni negli andamenti dei grafici delle vendite, proiettati in summit assonnati in attici con architettura acciaio e vetro, mentre i racconti tra colleghi sulle prodezze sportive del weekend appena trascorso si spengono nel corridoio attraversato per giungere al luogo della riunione aziendale. Così come non c'è limite alla felicità possibile e all'espansione del mercato, una volta che si ha il controllo dell'informazione e si tengono ben strette le redini della psicologia collettiva, non esiste limite all'efficacia richiesta al prodotto che si assume l'impossibile missione di eliminare il pulviscolo dall'aria di città altamente inquinate, sottraendolo al nostro mobilio in una temporanea illusione d'igiene, per poi tornare nella condizione iniziale non appena una finestra aperta permetterà a PM10 e agenti patogeni di infiltrarsi nuovamente in casa nostra. L'ossessione della casa a prova d'ispezione militare oltre a far vendere il prodotto tramanda attraverso i led di ogni singolo teleschermo frammenti di dna che cercheranno di modificare le nostre abitudini spingendoci a correre sempre più veloci in una ruota che gira in tondo ed è il volano di una dinamo che alimenta contemporaneamente l'economia e le nostre stesse ossessioni storicamente caduche. Le pareti trasparenti del nostro condizionamento sono le stesse che ci rendono fragili nei tentativi di approccio per le conversazioni più banali, o ci animano fanaticamente ogni volta che certi di essere nel giusto ci sentiamo legittimati a schiacciare sotto allo stivale anfibio del nostro pregiudizio il viso di chiunque abbia ragioni troppo corrosive per le scheletriche palafitte della nostra coscienza destinata a perire sotto le ondate di un oceano di banalità in piena alta marea.

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