17/12/09

Non è bello ciò che è brutto

È improbabile che successivamente alla visione di questo spot bellimbusti in frac accorrano a comprare i cosmetici reclamizzati per guadagnarsi i favori dell'ape regina: mettete un uomo di fronte a una piastra per capelli e ad una chiave inglese e non troverà la differenza, affidate questo spot ad un audience maschile e all'interno della parure meccanizzata non compariranno variopinti fondotinta, ma viti e bulloni di vario calibro e lunghezza, resistenze elettriche, nastri adesivi telati e pasticche di mastice polimerico. A partire dal "Diamonds are a girl's best friend" di Marylin, passando per il "Material Girl" di Madonna, il format del musical di Broadway spettacolare, di per sé piuttosto obsoleto e polveroso, più che generare vero intrattenimento o riuscire nel suo effetto galvanizzante si fonda su un grande sottointeso: la presenza di un cospicuo pubblico che presenzia allo spettacolo dal vivo. Il mirabile ritrovato elettrotecnico che vede il logo aziendale alimentato da spina industriale omologata trifase a 380V risulta ridicolo come accentuazione visuale su teleschermo, ma impressiona lo spettatore che viene giocoforza catapultato dal divano casalingo alla poltroncina in velluto sintetico del teatro. Incapaci di raffigurare l'inconoscibile eterogeneità di un pubblico sparso accidentalmente sul territorio e raggiunto tramite ripetitori e decoder, lo staff creativo ha deciso di lasciarlo immerso in un'inquietante oscurità che fa sospettare l'inevitabile: che quel teatro sia drammaticamente deserto. La bionda non più giovanissima appare affannata a farsi valere sulla ribalta non come performer artistica, portatrice di doti elettive, ma come protagonista indiscussa che necessita unicamente della giusta scenografia (e di qualche sparuto passo di danza) per conquistare secondo un principio di autoevidenza. È la summa della consumatrice mediocre, un confortevole modello a portata di mano per chi ama la scorciatoia, sorretto da un'efficace pettinatura, uno smaliziato rapporto con la controparte maschile (inevitabilmente molteplice ed adorante), e infine, speculativamente parlando, sorretta dalla propria capacità di interagire con l'estetica in quanto strumento tecnico necessario per perseguire i propri fini. Nel buio fitto, che per negazione si estende a tutto ciò che non è quinta, la femme fatal appare più abbandonata che sottolineata, e l'illusione del moto non riesce ad abbattere la crudezza dei momenti istantanei racchiusi in ciascuna inquadratura: la bellezza incarnata come effetto di un processo controllabile (tramite la cosmesi e la spettacolarizzazione) si degrada sempre più man mano che si allontana dalla sua vocazione di integrità biologica, e si palesa esplicitamente come convenzione sociale. Un femminino di scambio che non sarebbe di certo più vero in virtù di un'eventuale trascuratezza personale, ma che sparato a mille in un breve filmato commerciale, tra lustrini e paiette, trova nel sembiante attempato della protagonista sia il punto di contatto identificativo con il proprio target che la contraddizione della (per quanto effimera e discriminatoria la si voglia considerare) proprietà elettiva della bellezza in quanto tale, abbacinante anche quando colta casualmente in mezzo al traffico con uno scatto rubato, autosufficiente, tanto più conturbante in quanto circondata da pudore. La povertà simbolica dello spot nel suo complesso (l'ostentazione del prodotto, l'identificazione pedissequa con un target non più giovane, un'iconografia vagamente postribolare, lo slogan finale afferente ad una categoria di amore che cozza con l'immagine di spregiudicata divoratrice d'uomini e fa sembrare vagamente ipocrita tutta la disibinizione della premessa) si potrebbe semplicemente ricondurre ad una vocazione low-cost del vero e proprio prodotto. Ulteriore controprova potrebbe essere quel maniglione antipanico difettoso che voi, spettatori imprigionati nell'oscurità di questo incubo da Bagaglino, spingete disperatamente per uscire e respirare un'aria più aperta e meno anglofona, salvo udire un inquietante crescendo d'archi dissonanti e trovare davanti a voi, illuminato in controluce, uno spettrale Johnny Dorelli armato di motosega che vi inseguirà per le vie di New York.

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